giovedì 16 dicembre 2010

Cronache di una invasione intestina


La vita era sempre trascorsa tranquilla nella nostra grande città dello stato di S. La nostra è una città industriale, di gente seria e lavoratrice. Tutto ruota intorno alla grande fabbrica che dà lavoro alla maggior parte degli abitanti, e si occupa di smaltire i rifiuti del sistema di approvvigionamento del cibo dell’intero stato, dopo averne estratto più acqua possibile e le ultime merci utili rimaste. I rifiuti vengono poi inviati a quella che tutti chiamiamo la Grande Discarica, situata alla periferia sud della città, da dove vengono eliminati. Quello dei nostri operai è un lavoro duro, come si può capire. Chi non fa l’operaio, si occupa di produrre i loro abiti da lavoro, fatti di un materiale che li difenda dalle sostanze nocive a cui sono esposti in fabbrica. Tutto ruota su di essa, dicevo. D’altra parte, è una fabbrica modello. Disoccupati non ce ne sono in città, questo è palese. Però la vita media degli operai è tra le più basse dell’intero stato. E quando muoiono non stiamo a fare tante cerimonie, finiscono nel canale principale della fabbrica e vengono smaltiti anche loro, con un saluto e la frase rituale:
- Vai ner culo, vai!
Non c’è acrimonia né scherno in questo, chi la pronuncia sa bene che questo sarà il suo medesimo destino.
Io lavoro nell’amministrazione. Io e i miei colleghi siamo dei privilegiati, inutile negarlo. La nostra vita è lunghissima, la mia dura praticamente da quando esiste lo stato di S., ed è molto più gradevole. Gli operai sono tutti figli nostri, per capirsi, è fra i nostri compiti mantenere costante la popolazione della città per mandare avanti la fabbrica.
- Ehi, laggiù, settore stamin(chi)ale! Tutto regolare?
Chi ha parlato fa parte delle “forze dell’ordine” come le chiamiamo noi. Loro si infastidiscono perché le vere forze dell’ordine sono quelle statali che perlustrano tutte le strade dello stato; queste altre vivono alla periferia della città e sono più che altro “recettori” che rendicontano l’amministrazione centrale dello stato di S. sulla situazione in città. Ci chiamano così e ci siamo abituati, d’altra parte qua ci si annoia un po’ a volte, ci vuole qualche diversivo.
Un giorno successe qualcosa nel settore di uno dei miei colleghi stamin(chi)ali ad alcuni isolati di distanza dal mio, dopo la grande curvatura sinistra. Lui a vederlo sembrava sempre lo stesso, ma i suoi figli non andavano più a lavorare in fabbrica e cominciarono a costruirsi un quartiere per conto loro.
Abusivo, manco a dirlo.
Noi eravamo sbigottiti. Che diavolo stava succedendo?
Nuove strade sorsero nel nuovo quartiere, di quelle che servivano per portare i viveri in città e ritirarne gli scarti. Ci misero un bel muro intorno, che cresceva al crescere del quartiere. E via via che cresceva, cominciò a invadere prima le zone periferiche della città, coi loro campi e le rare case di contadini e più in là il sistema che faceva progredire il materiale che arrivava alla fabbrica, e poi cominciò addirittura a ridurre il calibro del canale centrale, ostacolando quindi il lavoro. La crescita arrivò al punto che buttarono giù il muro che era diventato un ostacolo, ci mettevano troppo a ricostruirlo ogni volta. Vedemmo così che il quartiere cresceva in modo completamente diverso dal resto della città, non c’era più l’ordine che vi regnava all’inizio, e gli abitanti non erano più tutti uguali fra loro, sembrava una piccola società multietnica con al centro il nucleo originale dei figli del mio collega, e via via gruppi più degenerati in periferia. E fu con immenso stupore che osservai i primi irriconoscibili individui staccarsi dal quartiere e infilarsi nelle strade di uscita dalla città, che portavano ad altre città dello stato di S. Anche nelle stradine periferiche, da dove venivano portate via la spazzatura e le acque reflue. Prima singoli, poi a gruppetti. Uno lo vidi passare da una strada vicino a me: che sguardo lascivo! Che aspetto poco raccomandabile! Mi strizzò l’occhio, e filò via veloce.
Fu a quel tempo che quegli strani fenomeni colpirono la città. Forse i continui avvertimenti che le mie amiche “forze dell’ordine” mandavano di continuo all’amministrazione centrale di S. cominciavano a essere ascoltati. Si iniziò con i terremoti. Si proseguì con quelle strane onde elettromagnetiche, di luce non visibile ma che gli abitanti di questa e di altre città avvertono benissimo e tollerano a fatica. Fu poi la volta di quell’ondata di acqua in direzione inversa al solito… non si era mai visto un flusso provenire dalla grande discarica! La città si contrasse in un'immensa onda peristaltica, che rimandò in avanti quella massa d’acqua che trascinò con sé tutto il contenuto del canale. E a seguire arrivò il mostro: un immenso tubo con un enorme occhio in cima, che si fece largo nel canale, osservò a lungo la parte del nuovo quartiere che vi protrudeva e poi si spinse avanti, verso la mia zona e oltre, prima di ritrarsi da dove era venuto.
Coi miei colleghi stamin(chi)ali ci guardavamo straniti, per la prima volta ci sfuggiva il controllo della situazione in città. Ma il peggio doveva ancora venire.
Poco tempo dopo avvenne la grande demolizione, come la chiamammo da allora. In poche ore, il nuovo quartiere sparì com’era comparso, e con esso interi altri isolati della città, da una parte e dall’altra rispetto ad esso. Ci fu chi giurava d’aver visto comparire enormi strumenti muniti di lame affilate, giunti chissà da dove, tagliare letteralmente via il nuovo quartiere illuminati da qualcosa di simile al mostro, e addirittura un’enorme spillatrice unire insieme i monconi di città rimanenti, ma io sospetto che la tensione degli ultimi tempi abbia giocato brutti scherzi a questi testimoni oculari. Una spiegazione razionale ci sarà.
Per un po’ la fabbrica rimase ferma, dopo la grande demolizione. Non arrivava più materiale da trattare. Lentamente poi l’attività riprese, a ritmi ridotti, e noi tutti tirammo un sospiro di sollievo. Ci sembrava di uscire da un incubo, anche se avevamo perso interi isolati, spariti chissà come. Ma erano spariti anche gli abusivi, e questo ci rimetteva al mondo.
L’entusiasmo durò poco.
La fabbrica era in funzione, ma il cibo che ci arrivava dalle nostre strade era scarso, e di pessima qualità. Ma questo non rende l’idea, era come mischiato con della roba mai sentita, non era qualcosa che avreste offerto al vostro peggior nemico, ecco. Gli operai cominciarono a sentirsi male uno dopo l’altro, e noi eravamo troppo spossati per riuscire a rimpiazzarli a dovere. La fabbrica iniziò a mal funzionare, praticamente tutto finiva nella grande discarica.
I miei colleghi stamin(chi)ali cominciarono a morirmi intorno come mosche, e io che credevo fossimo immortali. E anch’io non mi sentivo per niente bene, beninteso.
Piano piano il cibo tornò normale, senza quel veleno, anche se era scarsissimo. Fu la roba che arrivava nel canale della fabbrica che cambiò drasticamente. Era non trattata, come se nelle città a monte della nostra stessero cessando le attività…
Non so più quanto tempo stia passando, ne ho perso la cognizione. Mentre guardo la desolazione che ha avvolto la mia città, ripenso agli abusivi che evadono, e a quel languido sguardo colto nel momento della fuga. E mi domando… chissà se sono riusciti a raggiungere altre città.
Chissà se c’entrano qualcosa in questo disastro.
Chissà…

Il signor S. aveva contratto un tumore del colon discendente. Fu operato di emicolectomia sinistra, e sottoposto a chemioterapia. Ma molti abusivi erano già in viaggio, e il male si ripresentò nel fegato e in un polmone. È morto nel suo letto, assistito dalle Cure Palliative domiciliari e dalla famiglia.




ps di Silas per chi se lo fosse perso ieri, visto che è stato aggiunto in un secondo momento:  se vi va di leggere un racconto mio gli amici di (A) Prova di Crash (ricordate il_cesco?) ne ospitano uno.

20 commenti:

  1. questo racconto mi ha inquietato....

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  2. Molto molto realista e di certo non molto distante da alcune realtà! Bravo runner!

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  3. Porca miseria web runner... Tosto. Davvero tosto.
    Uno dei racconti migliori che abbia letto qui dentro!

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  4. "Siamo fatti così" in versione apocalittica. Complimenti!

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  5. wow, molto ben scritto.. complimenti! però mi ha messo un po' di tristezza..

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  6. (Rispondo solo ad Ale: mannaggia, m'hai messo in testa la sigla di "Siamo fatti così" e non riesco più a togliermela dalla testa)

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  7. Lo stile mi è piaciuto un po' meno rispetto alle tue prove precedenti (lo splendido racconto delle reazioni a catena, per esempio, sta secondo me quattro spanne più su) però complimenti anche stavolta sia per l'originalità che per il messaggio multisignificato...

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  8. Grazie a tutti dei commenti... e devo dire che come immaginavo lo zio ha colto nel segno. Anche a me piace meno lo stile, ma era secondo me quello adatto all'argomento, che mi coinvolge abbastanza personalmente.

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  9. bravissimo runner, mi piace molto questo racconto, mi piace quel cinismo che lo pervade...molto Philip K. Dick, mi sbaglio?

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  10. Da quando ho scoperto "Il padre dei racconti" la Feltrinelli mi vede molto meno.
    Grandioso Runner, mi piace un sacco come scrivi..ma questo lo sai già!
    Leggendo mi è salita un po' l'angoscia..mi sa che stasera ceno PANE e NUTELLA :)

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  11. Mi ha tolto l'appetito.
    Sono riuscita a sentire uno strano odore dolciastro.
    Mi ha angosciato a tratti.
    Bravissimo. :)
    (serio, si intende)

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  12. ady, sai che è un autore che non ho mai letto? mi sa che dovrò colmare la lacuna.

    pura NANA, vedi di offrirne un po' alla patè, e di farle tornare l'appetito... poi mi sento in colpa sennò.

    Grazie ragazze!

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  13. ciao runner, mi è piaciuto molto, gran bella idea, anche se lascia un retrogusto triste. bravo.

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  14. Bravo per aver scelto una tematica così poco affrontata (chi parla più dei lavoratori e del lavoro?), e leggi presto Philip K. Dick a cominciare da "La svastica sul sole".

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  15. La triste realtà che ci aspetta dietro l'angolo evocata con scrittura originale.

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  16. Silas 1 - Feltrinelli 0.

    Scusate, ma tengo il punteggio. Ho un vecchio conto in sospeso.

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  17. Filone fantascientifico (ma nemmeno troppo).
    Bravo.
    :)

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  18. Hai sinceramente stupito con questo racconto che, anche se non è vero si avvicina molto ad una realtà che nessuno può dire quanto sia distante.

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  19. Stefano, o bucaiolo, tu mi stupisci! Non solo un maratoneta tosto, ma anche grande scrittore. Complimenti!

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  20. ... e ancora una volta grazie infinite a tutti.
    ;)))

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