Chi di voi segue con costanza questo blog ha già preso confidenza con lo stream of consciousness di errebi. Le presentazioni, quindi, non servono: buona lettura.
“Ciao Elena ti disturbo, scusa l’ora ma proprio non ce la facevo a non chiamarti”. “Non ti preoccupare Clara stavo solo andando a letto ma non ha importanza, dimmi cosa c’è”. “Oh guarda non riesco più a trovare il bandolo della matassa”. “Bandolo della matassa di che cosa Clara”. “Ma come di che cosa della casa in montagna del papà”. “Che problema c’è?”. Riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di capire. È lì nascosta nel mezzo del bosco la casa della discordia. Giulio e la moglie sono invecchiati e nonostante i loro sforzi non riescono più a utilizzare quella casa. Troppa strada da fare per arrivarci e poi andarci soli fa drizzare i capelli a Clara. Nessuno ha il tempo e la voglia di accompagnarli e poi da quando hanno ritirato la patente di guida a Giulio il problema è diventato un tormento per la famiglia. Ognuno ha i suoi problemi, Clara troppo indaffarata con lo studio del marito e con le giornate maniacali dedicate alle shopping. Mamma mia quanto tempo le portano via e quanta attenzione nel cercare il capo all’ultima moda con il minimo costo quasi da esaurimento nervoso. Virginia sempre piena di impegni. È ritornata a lavorare dopo un lungo periodo e quindi deve conciliare il lavoro con la famiglia, la figlia sposata che ha bisogno d’aiuto, il figlio ancora in casa da seguire e per ultimo il marito che, se non ci fosse lui in quella casa, tutto sarebbe un caravanserraglio. Elena tra scuola, casa, figlio disabile e marito chi più ne ha più ne metta. Insomma meglio venderla quella casa e chi meglio di Virginia e suo marito può seguire la cosa. “È uno sforzo ma per mamma e papà questo e altro”, così Virginia accettò l’investitura guardando con l’occhio di traverso il marito. “No non è possibile quella casa non si deve vendere”, cominciò Marta, la figlia di Virginia seguita in coro dal marito. “Nooo, nonni nooo, possiamo darvi noi un aiuto ma la casa non la vendete”. “Insomma Elena quando riuscirà Virginia a vendere questa benedetta casa”. “Forse sarebbe meglio metterla con le spalle al muro, troviamoci le tre sorelle e chiediamo spiegazioni”. “Ma Clara lo sai dove sono e cosa sto facendo come faccio?”. “Insomma è nel tuo interesse i soldi ti servono o non ti servono?”, la interruppe Clara. “Certo i soldi ma quelli devo trovarli comunque che se si venda o non si venda casa” rispose Elena. “Stanno facendo il doppio gioco tengono il prezzo alto per poi fare loro l’offerta e comprarla al prezzo che vogliono loro”. “Ma chi scusa?” domandò Elena. “Ma come chi Virginia e suo marito non l’hai ancora capito?”. Certo si erano sempre capite le reali intenzioni dei due su quella casa ma che si spingessero ad un gioco sporco come quello pensato da Clara non era mai passato per la testa ad Elena. Ed ora che la sorella la metteva davanti a ciò non riusciva a capacitarsi. “Ma come Clara come puoi pensare tutto ciò”. “Lo penso e sono convinta di quello che dico ed è per questo che dobbiamo telefonare a Virginia e proporle un incontro a casa del papà e della mamma ma, non deve esserci assolutamente Fabrizio mi raccomando, non deve esserci Fabrizio”. “Ma scusa Clara ho capito che non deve esserci Fabrizio ma lo dici…”. “Sì Elena è meglio che telefoni tu a Virginia, con te non avrà sospetti”. Ma figlia di buona donna che è anche mia madre, pensa Elena, temi il doppio gioco, la furbizia dei due e giri la patata a me. “Clara come faccio lo sai i problemi che ho”. “Sì certo lo so ma è meglio così e... fai venire anche Claudio è bene che ci sia un testimone”. Click. Elena finalmente riesce a coricarsi domani come tutti i giorni della settimana l’attende una dura giornata con il figlio Francesco. Non riesce ad addormentarsi accende la luce sul comodino e d’improvviso si accorge della triste realtà che la circonda. No non è quella stanza di un seminterrato che ormai è diventata la sua prima casa, ma la verità di far parte di qualcosa di malato e di sbagliato, quel qualcosa che è la sua famiglia. Fuori sta quasi albeggiando quando Elena è appena riuscita a prendere sonno. La laguna è ancora avvolta nel buio ma già qualche spiraglio di luce comincia a intravvedersi lontano verso la spiaggia battuta dal vento. Driin, Driin, la sveglia. Elena rimane ancora un po’ sotto le coperte ma già sente il rumore del caffè che sale proveniente dalla cucina comune e stiracchiandosi si alza dal letto e comincia a vestirsi. Sono le sette del mattino fuori una leggera nebbiolina si alza dall’acqua ma non impedisce al freddo sole di dicembre di farsi vedere. “Buongiorno Anna”. Elena è appena uscita dalla sua camera da letto. “Buongiorno, buongiorno il caffè è pronto basta versarlo” risponde Anna. Lo stretto corridoio che fa da ingresso e da cucina al seminterrato è un entrare ed uscire dalle camere da letto al bagno e viceversa. “Per oggi mezzogiorno ci arrangiamo ho già messo su la pentola per la minestra. La faccio andare lenta, lenta, quando torniamo basta versarla e buon appetito. Ciao Elena a mezzogiorno”. “Buongiorno Anna a dopo”. Elena rimane sola mentre seduta davanti al tavolo della cucina beve il suo caffè. Oggi è venerdì stasera arriva Claudio. Sai che bella novità. Resterà di sasso. Ma ormai non ci resta altro. Clara intanto è un crescendo di nervosismo tanto che la testa ormai le sta scoppiando. “Sei troppo buona Clara. Ma non hai ancora capito che vogliono prendersi gioco di te?”. “E no caro mio che la pensino come gli pare ma quello che mi spetta mi spetta”. Me li immagino i soliti discorsi tra Clara e suo marito. Lei quasi al limite dell’isterismo e lui che la guarda e l’ascolta con quell’aria indifferente che dice tutto. E poi, dai, non possiamo dimenticarci di cosa ne pensa la loro figlia perfetta. “Ha ragione papà sei troppo buona…non vedi che fai il loro gioco. Vuoi abbassarti così tanto?” Mi sembra di vedere le due case, una quella dell’ingegnere con Clara in continuo nervoso movimento con in braccio quella piccola povera cagnolina, e su e giù per casa con il telefono portatile all’orecchio: “Ma sai ma non lo sai. Ma non mi conoscono fino in fondo. Non sanno proprio di che pasta sono fatta”. Una Crudelia De Mon in miniatura. Dall’altra, la casa di Virginia e Fabrizio dove non vola una mosca, si cammina senza far rumore, si annuisce e si tace nello stesso tempo. Basta lo sguardo tra i due, vuol dire tutto non serve nient’altro. Ed in mezzo Elena e Claudio. “Ma che cazzo si è messa in testa tua sorella?”. “Ma non ha il coraggio delle proprie azioni?”. “Una vigliacca, manda te in avanscoperta per poi azzannare la preda all’ultimo istante e ucciderla”. Così Claudio quella sera del venerdì dopo aver saputo da Elena la novità. “Pensa Claudio che ho dovuto telefonare a Fabrizio per chiedergli la cortesia di venire qui in istituto domani, per non lasciar solo Francesco, perché devo assentarmi per motivi di lavoro”. Alla nuova novità di Elena Claudio vacilla ma poi spunta un sorriso da presa in giro e: “Ma Fabrizio ci è cascato?”. “Sì, ha detto che domani viene lui a fare compagnia a Francesco”. Claudio seduto sulla sedia sorride e scuote la testa prende in braccio Birillo, il loro cane, e guardandolo negli occhi gli dice: “Ma dove cazzo gli ho trovati questi qua!”. Domani tutti a casa di Giulio, meno Fabrizio, non devi esserci per decisione irrevocabile di Clara. La signora Silvia con i biscotti, il signor Giulio che chiederà ma che festa è oggi, io che devo portare il computer portatile per eventualmente inchiodare Virginia e Clara e Elena. Quel computer portatile dove collegarsi al sito internet con l’annuncio della vendita di questa benedetta casa. E il prezzo? Non corrisponde a quanto vorrebbe Clara. Per lei Virginia e suo marito stanno speculando tenendo il prezzo troppo alto per poi fare la parte e offrirsi per acquistarla loro chiaramente al loro prezzo. Driin!! La sveglia sopra il comodino di Claudio avvisa che è l’ora di alzarsi. “Elena, buongiorno alzati ci aspetta una bella giornata”. “Uhm ma è già ora di alzarci, mi sembra di essermi appena addormentata. Com’è il tempo fuori?”. “Leggera nebbiolina dicembrina, gli alberi pieni di brina, qualche gabbiano infreddolito che passa ogni tanto, un suono lontano di una sirena, lo sciacquio dell’acqua che sfiora l’argine”. “Oh ma insomma, Claudio, ti ho chiesto solo che tempo fa” .“Ed io cosa ti ho detto”. Elena si alza cerca le ciabatte apre la porta della camera e va al bagno. In cucina non c’è nessuno oggi è sabato gli altri se ne sono tornati a casa in permesso mentre per Francesco non è ancora arrivato il momento. C’è uno strano silenzio tutte le altre stanze sono chiuse, una pentola è rimasta sopra ai fornelli. Claudio prende la caffetteria e prepara il caffè poi accende il televisore. Cambia canale cerca qualcosa non c’è nulla di interessante. Alle sette di mattina di sabato cosa può esserci di interessante alla televisione? “Brrr che freddo”. Elena appena uscita dal bagno corre verso la camera da letto. Claudio la prende al volo la stringe a sé e lei si aggrappa a lui quasi a cercare il calore del suo corpo per sconfiggere quella sensazione di freddo che la fa quasi tremare. Dopo un attimo si fa sentire il caffè. “Spegni, spegni Claudio altrimenti esci”. Elena sfugge dalle braccia di Claudio e si infila in camera mentre il caffè è già pronto sopra il tavolo. Zucchero, qualche biscotto, cucchiaini, in ordine tutto pronto. “Madonna che freddo che fa”. “Siamo in dicembre Elena cosa vorresti andare al mare?”. L’automobile si avvia lungo la strada che costeggia la laguna. C’è poco traffico e qualche passante infreddolito che aspetta l’autobus. Stiamo andando verso casa, la nostra casa. “Quanto tempo Elena”. “Quanto tempo di cosa Claudio”. “Quanto tempo che non stiamo assieme a casa nostra”. “Tutto è cambiato da quella maledetta sera”. Arrivati alla fermata del ferryboat ci si mette in coda e si attende il proprio turno. La nebbia comincia lentamente a salire lasciando lo spazio ad un pallido sole. “Biglietto prego!”. “Siamo abbonati!”. “Oh scusate andate, andate. Lentamente saliamo sul ferryboat lasciamo la macchina e su per le scale andiamo a sederci al bar. “Prendiamo qualcosa?”. “Va bene Elena, colazione l’abbiamo già fatta ma se proprio insisti”. “Un cappuccino, tu Claudio?”. “Un caffé liscio amarissimo, grazie”. Il ferryboat si stacca dalla banchina e incomincia il suo viaggio verso la terraferma. Il caffè è bollente tengo la tazzina stretta tra le mani per scaldarmele questa mattina sono gelide. Guardo fuori dal finestrino e lontano osservo il centro riabilitativo dove c’è nostro figlio. A quest’ora sarà già arrivato Fabrizio poi un velo di tristezza mi sorprende, per Francesco adesso come adesso non cambia nulla. Fabrizio o noi vale la stessa cosa. Guardo Elena mi sorride le sorrido anch’io. Coraggio vorrei dirle ma già lo so che non ne ha bisogno poi mi torna alla mente la riunione famigliare. Il covo delle vipere e noi protagonisti principali. “Ma dobbiamo proprio andarci, non possiamo farne a meno standocene tranquilli a casa nostra a respirare un po’ di tranquillità?”. “Insomma Claudio mi fai delle domande. Vuoi fare a meno di venire fai a meno. Vedrò di cavarmela da sola. D’altronde sono ormai nove mesi che me la cavo da sola”. “Ecco, quando rispondi in questo modo non so ma non sei più Elena, mi sembri un’altra, per caso hai una doppia personalità?”. “Cretino trovi sempre il modo di dire stupidaggini”. “Ma dai Elena scusa ma ti sei fatta incastrare anche stavolta”. Imbarcazioni di ogni tipo fanno sfondo al nostro percorso mentre il sole ha preso il sopravvento anche se il freddo è pungente. Il suono del campanello ci avvisa che ormai siamo quasi arrivati. Scendiamo le scale e saliamo in automobile aspettando che il ferryboat attracchi e si possa scendere. Accendo l’autoradio proprio in quel momento passano una vecchia canzone di quando ci siamo conosciuti Elena ed io e automaticamente cominciamo a cantarla. Accendo il motore ingrano la prima e ci dirigiamo verso casa. Il bello verrà nel pomeriggio a casa di Giulio e Silvia con Clara e Virginia mentre Fabrizio, ignaro della cosa, fa compagnia a Francesco. Ci siamo ormai dietro l’angolo c’è la casa di Giulio. Parcheggiamo e suoniamo il campanello. Ad aprirci Silvia. “Oh eccovi qua”. “Ciao mamma, buongiorno signora”. “Siamo i primi?” chiede Elena. “No, no di là c’è Clara”. E ti pareva perfettamente puntuale penso tra me e me. Non la saluto nemmeno, giro l’angolo e vado a salutare il signor Giulio. Sempre più curvo, appoggiato al bastone mi fa un cenno di saluto. “Claudio vieni, vieni. Ti ho mai fatto vedere questo quadro?”. È diventata ormai la sua fissazione ma cosa si può fare se non farsi ripetere per l’ennesima volta. “Ecco la mia casa quella che ho costruito con tanti sacrifici. Non ci posso andare ma ogni volta guardo questo quadro è come fossi là”. “Ciao Claudio non si saluta?”. D’improvviso Crudelia De Mon mi compare alle spalle fasciata in un orribile vestito di color verde militare vistosamente più su del ginocchio e un paio di scarpe con i tacchi a spillo. Cosa pagherei perché prima o poi cadesse da quei trampoli. “Oh Clara ciao, scusami non ti avevo visto”. “Mmmh non mi aveva visto, dai su, vuoi prendermi in giro” Si va poi a sedere in salotto da dove si era alzata per venirmi a salutare. Gambe in mostra come al solito con continuo movimento volutamente cercato per abbassare la gonna. Aspettiamo solo Virginia. Intanto fuori inizia a piovere. Una pioggerellina fina ed insistente. “Scusi Giulio ma mi sposto in cucina che devo preparare il computer”. In salotto intanto Clara sta preparando il piano d’azione mentre Elena l’ascolta e la guarda silenziosa. Silvia è un continuo andirivieni dal salotto alla cucina poi, suona il campanello. È arrivata Virginia. “Buongiorno a tutti. Scusate il ritardo non era mia intenzione”. Che strano silenzio non arriva un suono, una parola dal salotto. Eppure. Poi d’improvviso la voce alterata di Clara. “Insomma non è possibile che non si riesca a.vendere. È stato abbassato il prezzo come ti era stato detto di fare?”. “Lo abbiamo comunicato all’agenzia e dovrebbero aver corretto l’importo” risponde Virginia. “E no cara mia ti sbagli di grosso. Claudio, Claudio viene di qua per favore”. Il richiamo di Clara. Adesso tocca a me. Sono proprio un deficiente ma ormai non posso più tirarmi indietro. Il pc già acceso e collegato ad internet sul sito dell’agenzia che aveva la procura per vendere questa benedetta, maledettissima casa. “Ecco, Virginia, il prezzo non è cambiato. Chi vuoi prendere in giro. Io non sono disposta ad essere presa per i fondelli”. “Non vedo perché te la devi prendere così tanto con me. Ti ho detto che avevo avvisato l’agenzia del cambiamento. Se l’agenzia non lo ha fatto che colpa ne ho”. Virginia si irrigidisce sulla sedia e mi uccide con una occhiata. “Noooo, noooo e poi no, sei tu e tuo marito che volete fare il doppio gioco” esclama Clara alzandosi di scatto dalla sedia mentre Elena allibita guarda le due sorelle che fra non molto rischiano di azzuffarsi. Nel momento in cui si alza di scatto Clara poggia male il piede e rompe il tacco. Eureka ora cade e si avvera il mio sogno. Si aggrappa al tavolo e riesce a mantenere l’equilibrio ma per lo sforzo strappa il vestito infuriandosi ancora di più. Virginia si alza comunica che da questo momento non vuole più saperne di quella casa di fare quello che vogliamo e di non credere di trattarla ancora una volta così. Esce senza salutare e se ne va. Silvia è incredula davanti alla porta del salotto mentre Giulio esce dal bagno ma non sembra aver capito cosa sia veramente successo. Il problema più importante adesso per Clara è il vestito nuovo. Quanto tempo ci aveva perso per trovarlo e quanto tempo per trovarlo pagandolo come voleva lei. “Claudio dai muoviamoci che dobbiamo tornare da Francesco”. “Sono pronto Elena, pc chiuso messo nella borsa prendiamo i cappotti e andiamo”. “Un momento, un momento. Abbiamo capito tutti no! Da questo momento abbiamo carta bianca, ci occupiamo noi di vendere la casa di mamma e papà” fece Clara mentre si aggiustava il vestito coprendosi lo strappo all’altezza della coscia. “Va bene comunichiamo all’agenzia il nuovo importo e facciamolo pubblicare” rispose Elena. “Ecco appunto. Claudio te ne occupi tu?”. “Clara guarda non è per non volerlo fare ma non farmi dire quello che sto trattenendomi di dire” rispose Claudio. “Oh madonna che permaloso va bene, va bene me ne occupo io”. “Ecco brava vedo che hai perfettamente capito”. È già buio quando arriviamo nel piazzale dove aspettiamo il ferryboat. Fabrizio lo abbiamo appena sentito. Tutto bene Francesco è già a letto la solita giornata. Grazie Fabrizio buona serata. Grazie di che un saluto a presto. Se sapesse. Appena arriverà a casa troverà Virginia e verrà messo al corrente di tutto. Elena intanto si era abbassata il sedile dell’automobile e cercava di riposare un po'. Che giornata. Ma non c’è nulla di cui stupirsi il dramma in cui siamo caduti ha mostrato la vera faccia della famiglia. Claudio osserva l’orizzonte buio illuminato a tratti dal faro del pontile. Rivede gli incontri quegli sterili ed inutili discorsi. Quello scambio di opinioni su cui non si andava mai d’accordo poi d’improvviso, il marinaio, lo riporta al presente. Avvia il motore dell’automobile, ingrana la prima e sale in ferryboat. Guarda Elena, sta dormendo. Abbassa anche lui il sedile e si stende cercando di non pensare. Domani c’è Francesco è un altro giorno, un giorno come un altro.
domani domani sapendo che il nostro domani era già ieri, da sempre
RispondiEliminastrapparsi un vestito e rompere il tacco della scarpa, davvero un dramma!
RispondiEliminaChe atmosfere (ahimè) familiari...
RispondiElimina:) mi piace l'incalzo del non andare a capo nei dialoghi, sempre che "incalzo" si dica..o almeno spero si capisca
RispondiEliminami sto appassionando a questa saga familiare...
RispondiEliminama alla fine, è clara la vera speculatrice??
Almeno un accenno sul prezzo base di vendita?
RispondiEliminaNon vorrei che fosse una bicocca come quelle di Pompei, che per ristrutturarla ci vuole il triplo del prezzo d'acquisto.
Senza impegni dello Stato, come a Pompei...
Bisogna conoscerla bene una certa realtà, per saper scrivere così bene!
RispondiEliminaPresto la nuova puntata. Restate con noi :)
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