lunedì 13 dicembre 2010

Come in un sogno

Oggi inauguriamo una nuova etichetta, che questa settimana tornerà a trovarci: i racconti a quattro mani. Iniziamo con la storia scritta da un'ospite che conoscete già, vaniglia, e me.

Successe tutto lentamente come in un sogno... Uno di quei sogni in cui corri più veloce che puoi, tanto che i muscoli delle gambe e delle braccia ti fanno male, ma ogni movimento sembra sempre più lento e solidificato, tanto che quel qualcosa dietro di te si avvicina paurosamente fino a che non senti lo spasmo della paura sfiorarti il collo, le spalle, la schiena e attanagliarti lo stomaco. È allora che nel girarti lentamente, immobilizzato dal terrore, ti svegli prima di poter urlare... Per cosa? Non lo si scopre mai.
Stavolta, invece, era tutto vero. Avevo percepito distintamente il suo alito caldo e umidiccio posarsi addosso a me dopo essersi fatto largo fra i passeggeri sull'autobus, avevo persino sentito la sua voce – una voce cupa e tenebrosa, simile a un ricordo che non sapevo decifrare – chiedere scusa a qualcuno.
Scusarsi: mi sembrò una nota stonata, quel “mi dispiace, l'aiuto”. Era qualcosa che strideva con la mia esperienza: non sapevo a chi appartenesse quella voce, ma lì, in quell'istante, ebbi la certezza che a parlare era una persona abituata non chiedere scusa. Ero divorata dalla curiosità, ma non ebbi il coraggio di voltarmi e controllare. La tentazione durò solo pochi secondi: la sua mano sudata si posò sulla mia spalla nuda e l'estate, già torrida, parve avvampare di nuove braci incandescenti. Prima fu solo sospetto, poi divenne certezza e sperai che l'attimo presente si cristallizzasse per darmi il tempo di divincolarmi da quella stretta appiccicosa, da quella voce ruvida che sapevo già cosa avrebbe detto da lì a poco. E infatti lo disse...
“Sedici”. I suoi occhi si fissarono nei miei: le pupille scurissime di quell'uomo raccontavano la storia di un inseguimento durato anni, una rincorsa che si perdeva nella notte dei tempi. D'improvviso tutto mi fu chiaro: un fiume carsico di ricordi mi si riversò addosso, come emergendo dalle nebbie della memoria. Un odore di muschio, una suggestione di Scozia mi rivelò ogni cosa: avevano iniziato i suoi nonni, poi suo padre aveva proseguito, infine era toccato a lui raccogliere il testimone. Solo di una cosa ero certa: dovevo fuggire. La frenata dell'autobus mi richiamò alla realtà.
Le porte si aprirono e non esitai nemmeno un istante: spintonai la ragazza che mi ostruiva l'uscita e mi misi a correre più veloce che potevo, ben decisa a non raccogliere quel testimone che il vecchio marinaio scozzese mi stava porgendo, certa di potermi sottrarre a quel destino che non mi ero scelta se solo avessi avuto abbastanza fiato nei polmoni e forza nelle gambe... Non mi voltai nemmeno una volta memore di chi in passato lo fece e corsi per non so quanto tempo finché non mi ritrovai inaspettatamente di fronte al mare.
Eppure ero sicura di essere andata a nord: mare alle spalle, sempre dritta, il più lontano possibile da tutto ciò che potesse ricondurmi a lui...
Mi voltai, schiena al mare e ricominciai a correre con la paura a farmi da propulsore nei muscoli delle gambe e gli occhi socchiusi a schivare il sudore che gocciolava copioso dalla mia fronte e si frantumava alle mie spalle in un milione di infinitesimali goccioline che non erano più mie, ma parte del tutto che mi circondava...
Man mano che correvo tutto intorno a me cambiava forma: pian piano, gli ombrelloni diventarono alberi, gli alberi palazzi, i palazzi negozi. La trasformazione non si fermò: i negozi tornarono palazzi, i palazzi alberi, gli alberi ombrelloni. Avevo corso per una decina di minuti, non avevo mai cambiato direzione, ma mi ritrovavo di nuovo sulla spiaggia. E, non so perché, ero scalza: i miei piedi, improvvisamente, affondavano nella sabbia.
Lui era lì.
Forse era sempre stato lì e aspettava soltanto che la smettessi di fuggire e mi arrendessi all'evidenza che un destino in realtà non esiste, che abbiamo sempre una scelta nella vita, ma che spesso, questa scelta, si riduce a due sole possibilità: fare la cosa giusta o rifiutarci di farla, salvo rendersi conto un bel giorno che ciò che non affrontiamo oggi ce lo ritroveremo davanti domani per una, due, tre, sedici volte... Finché non si decide che è ora di guardarla negli occhi questa nostra coscienza, anche se ha le pupille scurissime e severe di un marinaio d'oltreoceano.

17 commenti:

  1. D'accordissimo che un destino non esiste, le scelte però non sono sempre riducibili a due soltanto. Tra quello che è giusto e quello che non lo è, ci passa una vita.
    Però è davvero molto bello il racconto.

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  2. Il racconto è tutto una fuga, forse in tondo, visto che si torna sempre al mare.
    Forse sogno e realtà si svolgono su un'isola?
    Mi intriga quel 'sedici', perchè proprio sedici?
    La risposta in un seguito?

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  3. Bel racconto..ma non poteva essere altrimenti, visti gli autori..
    Fatemi capire..
    State tentando di farci intendere che il denstino ha l'alito caldo e umidiccio, le mani sudate ed è tirchio come uno scozzese?
    Ah..ora ho capito, finalmente, perchè lo fuggiamo tutti :)

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  4. @Paté: potrei discutere ore sulla binarietà/non binarietà della vita. Ma annoierei tutti:
    @gattonero: ma perché vuoi sempre un seguito? (La verità? La verità è che scrivendo questo racconto ciascuno dei due cercava di mettere in difficoltà l'altro, rendendogli più difficile proseguire. "Sedici" è nato così. Ma se vuoi posso inventarti una balla per giustificarlo: ad esempio, potrei dirti che sedici, essendo 2 elevato alla quarta, è il risultato di quattro bivi, di quattro scelte sovrapposte lasciate alle spalle. Sì, patè: scelte binarie).
    @Grace: ecco, sapevo che avresti colto la morale.
    Grazie a tutti ^^

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  5. Bellissimo, non poteva essere altrimenti.
    Credo però che le scelte appaiono due o comunque limitate proprio perché fuggiamo davanti al "destino" (cioè alle prove, alle difficoltà). Se l'affrontassimo, le possibilità apparirebbero quello che sono, infinite.

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  6. @Luce: Carissima... Il finale è opera mia, quindi Silas ha abilmente glissato. Comunque io intendevo che ci sono due strade: fuggire dalle proprie paure o affrontarle. Poi si possono affrontare in molti modi diversi, ok...
    @Gattonero: eh già... E' un po' un tema che mi perseguita quello del "girare in tondo" in questo periodo... Comunque c'ha ragione Silas, sia sul fatto che c'è sempre sta tendenza a volere un seguito, sia sul fatto che col 16 tentava di farmi lo sgambetto :-D
    @Grace: meno male che ci sei tu a spiegare chiaramente le cose!

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  7. Cavolo Web... Non avevo ancora letto il tuo commento prima perchè l'abbiamo scritto quasi all'unisono, però, come dice De Gregori: "Mi leggi nel pensiero"... :-)

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  8. @Alessandro: commento quanto mai apprezzatissimo :-)

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  9. Silas, non te l'ho fatti in privato, ma te li faccio pubblicamente i complimenti per la foto... I tuoi "poteri abbinatori" non deludono mai!

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  10. La descrizione della paura, della fuga, dell'annaspare è stupefacente.

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  11. fantastico a me è piaciuto molto. Anche se son convinta che a guardare in faccia la paura, ci si accorge che ha il nostro volto.

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  12. Maremma mi avete fatto venire il fiatone! E concordo, prima o poi, i nodi che si lascian lì ad intorcinarsi, ritornano ad intoppare la strada. (ah, mi avete pure ricordato Samarcanda, che mò andrò avanti a cantare tutta sera!)

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  13. Che grandi! scusate il ritardo...ma questo periodo non ho mai un secondo libero...comunque siete Fantastici:D come sempre!

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  14. Approfittando dell'assenza del padrone di casa che si è momentaneamente dato alla macchia, faccio io da risponditrice (anche perchè abbiam diviso equamente i lauti proventi di questo racconto) e vi ringrazio perchè il Silas c'è abituato a ricevere complimenti per la vagonata di racconti che scrive, ma io mica... GRAZIE GRAZIE a tutte voi donzelle!

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  15. La verità è che questi commenti mi erano sfuggiti. /me sgarbato.
    Grazie a tutte/i ^^

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