venerdì 3 dicembre 2010

Una storia sbagliata

Come aveva minacciato qualche giorno fa da queste parti, Leucò ha scritto una storia di tradimento al femminile, una sorta di contropartita rosa ai miei vaneggiamenti sulle creature di Andersen. Eccola.

La testa reclinata di lato, i folti capelli scuri sul cuscino bianco, la schiena scolpita e nuda che sembrava appartenere ad una statua greca, il lenzuolo che lo copriva dai fianchi fino ai piedi. Ferdinando dormiva profondamente. Mara lo guardava pensosa, assorta. Si erano concessi un breve riposo dopo il travolgente amplesso che li aveva stravolti, ma lei non era riuscita a prendere sonno.
Di scatto si alzò e iniziò a rivestirsi senza neanche cercare di non far troppo rumore.
Poi il suo telefono squillò: "Certo che vado a prendere io i bambini in palestra. Sono nelle vicinanze a sbrigare delle commissioni".
Andò verso il letto, si avvicinò all'uomo disteso e dolcemente gli sussurrò che si era fatto tardi, che dovevano scendere ma sarebbe andata via lei per prima.
Finito di rivestirsi si guardò allo specchio e diede una sistemata ai capelli corti, un ultimo sguardo alla stanza per verificare di non aver dimenticato niente e chiuse la porta dietro di sé.

L'aveva rincontrato per caso, o meglio aveva ritrovato le sue mani. Un giorno mentre aspettava che i figli uscissero dalla palestra i suoi occhi furono attratti dalle dita che reggevano un giornale.
Il suo cuore ebbe un sobbalzo, si fermò del tutto per un istante che sembrò durare anni.
Conosceva quelle mani. Anzi, le amava. O più propriamente le aveva amate, in passato.
Quando si riprese si voltò come per non farsi vedere e si nascose dietro agli altri genitori.
Non aveva nessuna voglia di rivedere quell'uomo, il solo pensiero la catapultava agli anni del liceo, così pieni di paure, di insicurezze, di sofferenza per quello che allora era solo un ragazzo.
Mara scosse la testa come per cacciare via tutti quei cattivi pensieri e prevenirne di peggiori. Guardò nervosamente l'orologio diverse volte, sperando che scattasse l'ora in cui i bambini finivano la lezione per potere scappare a rifugiarsi tra le rassicuranti mura di casa.
Mancava un minuto e Mara sentiva quasi di avercela fatta: già si vedeva a casa a cucinare e trepidava all'idea della quotidianità, quella quotidianità che spesso aveva sottovalutato. Fu allora che sentì una mano picchiettarle ripetutamente la spalla.
- Mara Cardinale? Sei tu?
Troppo tardi. Le era finita come a scuola, quando, a qualche minuto dalla campanella, pensava che ormai non ci fosse più tempo per le interrogazioni, e invece la professoressa di matematica la chiamava alla lavagna e aveva tutto il tempo necessario per mandarla a posto dopo aver segnato l'impreparato.
Fu costretta a girarsi e simulare un'espressione di sorpresa nel rivedere Ferdinando.
- Nando Martinotti? Quanto tempo… non ti avrei riconosciuto, sai? Sei così… cambiato… che ci fai tu qui? - disse, rendendosi conto immediatamente della stupidità delle cose che era riuscita a dire.
- Di tanto in tanto vengo a prendere mia figlia. Frequenta ginnastica ritmica qui ed è pure molto brava - disse con l'aria del genitore orgoglioso - E tu?
- Idem. Sono venuta a prendere i miei due bambini.
Ferdinando sorrise come solo lui sapeva fare. Era capace di trasformare solo con uno sguardo, con un sorriso, il più fermo dei propositi di Mara: lasciarlo, allontanarsi, non rivederlo più, o qualunque altra pur inflessibile decisione. Era sempre stato capace di farlo, e a quanto pareva non aveva perso questa dote. Perfino quando era stato lui a lasciarla per una amica comune aveva fatto apparire sul proprio volto un'espressione tanto commovente da gelare Mara e impedirle di proferire parola: nessuno sfogo, niente urla, nessuna reazione isterica.

Era proprio per questo che voleva evitare di incontrarlo. Avrebbe preferito saltare in un cerchio infuocato pur di non rivederlo. Anche quel giorno Mara si era convinta che questa volta lo avrebbe trattato con distacco, che questa volta non sarebbe caduta nella sua trappola, che questa volta...
- Ti va se giovedì prendiamo un caffè insieme aspettando che i bambini escano dalla palestra? Così, per fare due chiacchiere...
- Certo, mi farebbe molto piacere - rispose la bocca di Mara prima che la testa potesse impartirle alcun ordine.

Poi si era detta che in fondo non c'era niente di male a rivedere un vecchio amico. Che era stata lei a ingigantire la cosa. Che erano stati insieme per poco, quando erano solo dei ragazzi. Che si erano scambiati solo qualche tenero bacetto…
- Sì - si disse - Non c'è niente di male in un caffè: ci faremo quattro risate in memoria dei vecchi tempi, non sono più la ragazzina di un tempo. Sono una donna. Sono forte, matura, con figli e marito annessi. Affronto e risolvo quotidianamente i problemi più disparati, figuriamoci se non riesco a bere un caffè con un vecchio amico senza problemi.

Arrivò giovedì e Mara e Nando, lasciati i bambini in palestra, si ritrovarono.
L'incontro andò meglio di come lei pensasse: lui era stato amabile come se lo ricordava, no, proprio non era cambiato.
Lei, invece del caffè, prese un limoncello, e riuscì ad essere disinvolta. Fu perfino contenta di quell'incontro: quando tornò a casa aveva una strana allegria.

Il martedì successivo tornarono a incontrarsi. Stesso bar, stessa ora, stesse modalità. Solo un particolare era differente: quella volta entrambi sapevano che non sarebbe stato l'ultimo incontro.
Ferdinando, che in genere accompagnava solo saltuariamente la figlia in palestra, adesso non saltava una lezione.
Lui le parlò del suo lavoro, di come si era sposato, della nascita della bambina. E del divorzio. "Incompatibilità di carattere", disse.
Lei gli raccontò della gioia di fare la mamma a tempo pieno e di come, in fondo, non le importasse affatto di aver rinunciato alla carriera di architetto. In fondo avere una bella casa era una gran bella soddisfazione, aiutare gli amici a scegliere l'arredamento era già abbastanza e in fin dei conti si sentiva realizzata anche così.
- Sei felice? - le chiese lui a bruciapelo una volta.
Lei fece spallucce.
- Sì, a modo mio… come tutti. Sono contenta... tutto sommato mi posso dire pienamente soddisfatta.
- Sei felice? - ripeté lui, stavolta con l'espressione a cui non riesci a mentire.
Mara abbassò gli occhi.
- E tu? Sei felice?
- No. Io non sono felice, ma quando guardo mia figlia mi dico che almeno ho fatto una cosa buona nella mia vita.

Un giorno lui le propose di prendere il caffè a casa sua, lì vicino. Aveva bisogno del parere di un architetto per sapere come poter allargare la cucina senza stravolgere troppo l'intera casa. Lei accettò.
La casa era molto bella. Secondo Mara non c'era nessun bisogno di ingrandire la cucina, ma la donna suggerì ugualmente una possibile soluzione.

Mentre bevevano il caffè lui le andò alle spalle e l'abbracciò. Le sue mani salirono sui fianchi, su fino a sfiorare il seno con voluttà. Lei si voltò e senza capire più nulla lo baciò appassionatamente. Da lì alla stanza da letto il passo fu breve.
Nella testa di Mara non c'era più il marito, non i figli, non i doveri.
Si lasciò trasportare da quella situazione pensando che in fondo quello fosse un debito che il passato le stava saldando. Che non si potesse definire un vero e proprio tradimento. Che quelle due ore, due volte alla settimana, fossero una sorta di indennizzo per le troppe rinunce.

21 commenti:

  1. Promessa mantenuta in modo mirabile, Leuco'.
    Quanta realtà in quell'ultimo capoverso.

    (se una donna prende un limoncello invece di un caffè, è buon/brutto segno)

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  2. Bello...molto molto bellocomplimenti!:)

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  3. questo racconto mi piace assai... è bella anche la scusa finale che usa la donna per fare tacere la sua coscienza "una sorta di indennizzo per le troppe rinunce".

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  4. Leuco, bel racconto... Bisognerebbe dire a Mara, però, che ogni cosa ha un prezzo. Fallo tu che la conosci và ;-)

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  5. Grazie dei complimenti.. :)

    @Vaniglia: perché rovinarle questo bel momento..tanto prima o poi lo scoprirà da sé...

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  6. Eh...In effetti... Tanto ormai quel che è fatto è fatto.

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  7. Bellobellobello...complimentoni:)

    tristemente vero il finale...mentire a sè stessi è il modo migliore per potersi sentire davvero sinceri.

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  8. Ho un paio di amiche tradenti. E' proprio vero. Il passo dalla quotidianità all'eccitazione del recuperar piaceri dimenticati è un passo brevissimo.

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  9. (Fra l'altro, aggiungerei, simmetria perfetta: il mio lui il rimorso non ce l'aveva, tanto che è stato necessario farlo manifestare dall'esterno, mentre lei prova a mentire a se stessa.
    Brava Leuco', soprattutto per la rapidità di esecuzione).

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  10. DICEA MI NONNO AGATONE DI LIVORNO: MAREMMACIGNALA! NE HONOBBI DITROJE, MA NIUNA ICCOME LE DONNE DE.
    CARI SALUTI DA
    BEPPE DI LIVORNO
    CO L'ARBERINCULO E LE FOGLIE DINTORNO DE

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  11. goditelo...sesso e cuore non vogliono ragioni

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  12. qualcuno ha detto al cuor non si comanda.
    io direi nemmeno hai genitali.
    buon bunga bunga

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  13. Chi non ha avuto almeno la tentazione ...? E in questo capitolo tutto é delicato e sospeso, come in un sogno.

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  14. mah.. carino.. ma un pò semplice, banale, si legge scorrevolmente ma non mi pare affatto un capolavoro; non se ne sentiva il bisogno secondo me

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  15. Farei notare all'ultimo anonimo che se non ne sentiva il bisogno poteva anche evitare di passare da queste parti.

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  16. Simpatico ultimo anonimo non vorrei deludere le tue aspettative ma questo racconto non aveva certo la presunzione di essere un capolavoro.. ho solo voluto raccontare una storia, una come tante, e per di più sbagliata..

    grazie comunque di averlo letto

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  17. @ Adriano maini: grazie, il tuo commento mi ha davvero fatto piacere, hai pienamente compreso l'atmosfera :)

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  18. Da appassionato di Faber, non posso non apprezzare, oltre che al racconto, il titolo perfetto...:-)

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  19. Sbagliata forse, ma quando capitano queste cose c'è qualcosa che non va nella storia ufficiale. Forse un po' sbagliata anche quella, o per lo meno deludente. Chi sta bene non cerca nulla.

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