martedì 30 novembre 2010

La piccola fiammiferaia

Ci misi qualche istante a metterla a fuoco. Era lì, all’angolo fra via Marconi e via dell’Unità, ed era come se all’improvviso si fosse catapultata in città da un’antica reminiscenza. Un ricordo dell’infanzia, forse, o forse l’immagine di un film trasportata di peso nella realtà. Ma no, non stavo sognando. Vendeva fiammiferi, come nella fiaba.

La ragazza era malvestita. Era sporca, probabilmente; senz’altro era povera. E, diavolo, sembrava strappata a morsi da un’immagine dell’Ottocento: non mi sarei stupito se, d’un tratto, accanto a lei si fossero materializzati dei lustrascarpe o, che so, una carrozza con i cavalli bianchi. Chiusi gli occhi: quando le palpebre si rialzarono il tram passava davanti a me, il traffico era impazzito come sempre e una Mercedes Classe C sfrecciò veloce per dimostrarmi che no, non ero finito in un gorgo temporale. Ero lì, nel ventunesimo secolo, e mi trovavo davanti una fiammiferaia. Attraversai la strada, forse spinto dal dovere antico di aiutare le creature delle fiabe.
“Vuole cerini, signore?”, mi domandò lei. Era una ragazza molto bella: gli occhi, pieni di luce, rischiaravano un volto sporco, ma senz’altro desiderabile. Indossava una maglietta bisunta e un paio di jeans strappati, e sedeva nell’angolo, di fronte al lampione acceso da poco, con una cesta di scatolette fra le gambe. Una radio, unica concessione alla modernità di quel quadro, gracchiava una canzone degli Urge Overkill che raccontava di un amore sbagliato, e mi dissi che doveva essere una premonizione: intuii che se avessi ceduto, se mi fossi fermato a parlare con lei, in pochi istanti mi avrebbe commosso, travolto, in definitiva coinvolto. Non era il mio tipo, come diceva la canzone, e bastava guardarci in quell’istante per capirlo: io, in giacca e cravatta, perso fra conference call e colazioni di lavoro, e lei, lercia, stracciona, all’angolo di una strada a vendere una merce fuori tempo, forse a far presa proprio sulle fiabe per conquistare un po’ di attenzione.
Fu la voglia di fumare a prendere il sopravvento. Non avevo accendino, in fondo, e mi dissi che non ci sarebbe stato nulla di male in un normale scambio. Che sì, sarei riuscito a scacciare i miei demoni, avrei allontanato la voglia di cambiare tutto, di mettere una pietra sulle liti con Marianna, sui pianti notturni dei bambini, che non avrei ceduto alla perdizione, alla voglia di tornare un ragazzino, di inseguire una vita da vagabondo, libero e senza pressioni. Sarebbe passata, questa sindrome di Peter Pan, sarebbero passate le angosce della routine e tutto sarebbe tornato normale. Addirittura gradevole, desiderabile: la mia famiglia, i miei figli, il focolare. Il mito della stabilità, ecco tutto, la quotidianità rassicurante di un lavoro sereno, integrato nella società. Le lasciai una moneta da due euro, ma per un istante la mia curiosità mi possedette. Pretesi che oltre ai fiammiferi mi consegnasse il suo nome. “Lisa”, si presentò con un inchino la ragazza. Poi, come a proteggersi dal freddo, ma più probabilmente per farmi pietà, accese un fiammifero. Scoprii solo in quel modo quel che nella fiaba non veniva descritto: i fiammiferi appestano l’aria di zolfo, la rendono irrespirabile. Che la fiammiferaia di Andersen, probabilmente, sarebbe morta asfissiata, prima ancora che assiderata.

Il giorno dopo era ancora lì, e io tornai da lei. Passarono ventiquattr’ore e lo feci di nuovo, e poi ancora per tutto il mese: ogni giorno una scatola di fiammiferi, ogni giorno una moneta da due euro, ogni giorno un dettaglio della sua vita e un cerino acceso prima che andassi via. Scoprii che veniva da Venezia, che viveva in una baracca in periferia, che aveva venduto fiammiferi in tutta Europa. Che era cresciuta senza genitori, che si procurava la merce all’ingrosso, che aveva una passione per i gatti. Che credeva di avere un fratello ma non sapeva dove abitasse, che ogni giorno riusciva a vendere una trentina di scatole, che la prossima tappa del suo viaggio sarebbe stata Torino. Che festeggiava sempre le vendite accendendo un cerino. Che aveva bisogno di compagnia.

Quando entrò nella camera d’albergo pretesi che si lavasse. Che si togliesse quell’odore di dosso, che indossasse i vestiti che avevo comprato per lei, che si spruzzasse un po’ di profumo. Non fu granché utile: l’odore dello zolfo, se respirato con insistenza, penetra a fondo nella pelle, la possiede, la fa sua.
L’amplesso fu lungo e intenso. Lisa non parlò, sembrò non aver fiato, ma mi stupì per la confidenza col mio corpo che mostrava: sembrava sapesse come farmi vibrare, sembrava conoscere ogni dettaglio della mia sessualità. Raggiungemmo l’orgasmo nello stesso istante, ma poi fu veloce a rivestirsi. La guardavo ebbro, fra le lenzuola, e non capivo la sua fretta: avrebbe potuto dormire in un albergo, per un giorno, non avrebbe avuto problemi di freddo o di cibo. “Dove vai?”, le chiesi, pensando che sarei stato io a dover fuggire, a tornare da Marianna e dai bambini. Non mi rispose: Lisa entrò in bagno, come per sistemarsi, come per farsi bella. Come per fuggire.
Fu l’ultima volta che la vidi. Quando entrai nel bagno, vi trovai solo una nuvola di zolfo.

25 commenti:

  1. Mi è piaciuto molto..
    Povera Marianna però... spero che lei abbia incontrato, mentre portava a scuola i figli, un irresistibile zingaro che le abbia fatto anche la cortesia di svanire nel nulla magicamente..
    si deve dare anche un po' di voce a queste povere donne fedifraghe.. non tradiscono solo gli uomini.. uhm.. se mi viene l'ispirazione ti scrivo l'altra metà della luna.. :) (per la gioia di tutte le donne :D )

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  2. Sei veramente il padre dei racconti... Il finale è mefistofelico...

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  3. @ale: sapevo che sarebbe stato colto ;)
    @Leucò: aspetto il tuo racconto ^^
    @Ady: grazie mille :)

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  4. Concordo con leucò ed aspetto con ansia che lei dia voce al mio pensiero. :-)
    per quanto riguarda il finale è fantastico.
    Silas, ti stai raffinando nei finali? io scrivo racconti senza finali, perchè non sono brava nello scrivere le ultime parole. devo imparare da te!
    all'inizio il racconto ti avvolge in una sensazione soffice e la mente mi ha riportata alla piccola fiammiferaia di andersen... l'unica favola che mi ha fatto piangere di disperazione e tristezza.
    dopo, nel tuo racconto, si percepisce la frustrazione del protagonista e dopo ancora ti lascia l'amaro in bocca perchè è tutto fumo... e niente arrosto..

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  5. (posso essere sincero? A me questo finale non piace per niente. L'ho fatto leggere in anteprima alla lettrice silenziosa per chiederle se fosse il caso di pubblicarlo o meno).

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  6. Le lasci tutte così queste storie, non ce la faccio amnco più a chiederti se avranno un seguito! Sta diventando una tortura... io HO bisogno di un finale Silas! Ne va della mia salute mentale!

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  7. (eheh in realtà sono un sadico, lo confesso)

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  8. Concordo con Ale, dovresti rivalutare il finale. Per fortuna c'è la lettrice silenziosa.

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  9. La piccola fiammiferaia ha dato fuoco ai pensieracci di Peter Pan..
    Avanti MAN, torna nella casa immersa nel verde, ti aspettano tua moglie, i tuoi figli e i 2 barboncini cotonati! :)

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  10. La casa nel verde, dici? Presto sarai accontentata.

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  11. A me il racconto è piaciuto tutto compreso il finale: l'odore di zolfo bruciato nel bagno fa pensare a una deliziosa diavolessa, che forse si è data in cambio della tua anima.
    Io un giretto a Torino lo farei, tanto è provato che di zolfo non si muore; tant'è che un tempo il 'fiore di zolfo' veniva usato, preso in cucchiaio, per la depurazione del sangue.
    Facci un pensierino, poi ci racconti.

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  12. Beh, però come la trovo la fiammiferaia? Vabbeh che Torino è squadrata, ma è anche grande...

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  13. STUPENDO...mi è piaciuto tantissimo...particolare e inteso...che devo dire Silas?! Mi hai stupito ancora una volta...
    anche se da donna devo difendere la povera cornuta di Marianna..spero che anche lei nel frattempo abbia trovato un piccolo fiammiferaio...sennò poraccia...:)
    BELLO BELLO BELLO!

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  14. Ma perchè tutti cercano sempre un finale dove il finale già c'è? Silas, io non lo trovo per niente male questo finale, si presta a una morale che sa di rimorso... La tua lettrice silenziosa ti ha consigliato bene...

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  15. Respingo con fermezza le insinuazioni di Vaniglia sul rimorso: sono storie inventate, è scritto a chiare lettere in alto a destra. Questo lo specifico in particolare per la lettrice silenziosa.
    @Calliope: grazie ^^ beh, spero anch'io che Marianna si sia consolata a modo suo. E poi diciamolo: 'sto protagonista è antipatico. Tutto perfettino ma pronto a tradire, salvo farsi qualche scrupolo. E' per questo che l'ho condannato a questo finale.

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  16. Sì, il protagonista mi sta decisamente antipatico. Il bello delle storie, fra le altre cose, è anche amare o detestare i protagonisti, tanto da appassionarcivisicisivis. Il finale è decisamente imprevedibile, indi molto godibile.

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  17. :)
    (Io da quello ero partito, dal finale. M'è venuto in mente accendendo un fiammifero, ovviamente)

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  18. A me è piaciuto tutto, anche il protagonista.. ma io son di Torino e potrei essere la fiammiferaia! ;)

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  19. Bello...mi è piaciuto tantissimo, e anche a me come patè è piaciuto anche il protagonista (magari simpatico no, però manco lo getterei tra le fiamme dell'inferno): sorvolando sul tradimento, questo bisogno spasmodico di evadere dalla routine, questo cercare in un qualcosa di totalmente atemporale uno sprazzo di felicità, questa riscoperta del piacere della vita, anche se nata in seno al peccato...è davvero da condannare senz'appello?

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  20. @paté: dipende, ti sei spostata di recente?
    @br1: non è quello, non è la voglia di fuga a essere sotto accusa. E' l'atteggiamento: pretende che si lavi, le compra gli abiti. Non è mai alla pari con la fiammiferaia.
    E poi, in fondo, quella voglia di fuga è solo momentanea. Chiedi al protagonista se sia disposto a rinunciare al suo stipendio: rinuncerà volentieri solo alla moglie, ai figli. Tutto il resto della sua vita, lo status, lo reclamerà per sé.

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  21. Urca... Ci ho azzeccato? Va che mica parlavo di TUO rimorso... Parlavo della morale del racconto, ovviamente inventato :-)
    Guarda che, tra sta cosa qui e il commento che hai appena fatto al mio post, finisce che mi fai dubitare eh...

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  22. bel racconto silas :) visto che tutti l'hanno gia' commentato, io volevo solo aggiungere che apprezzo particolarmente il "sembrava strappata a morsi da un’immagine dell’Ottocento"

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  23. sì, proprio antipatico 'sto protagonista: oltretutto, già al primo rigo, appena vede la fiammiferaia, vuol subito metterla a fuoco...

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