lunedì 15 novembre 2010

Metti una sera a cena

Quello con cui vi propongo di aprire la settimana non è un racconto ordinario, ma il più sperimentale di quelli che ho pubblicato finora. Ma bando alle ciance: voliamo insieme nel fiume di errebi.

Non mi è mai piaciuto varcare quella porta. Al di là si apriva un mondo non mio fatto di esteriorità e cose inutili. Mi guardavo spaesato tra la mobilia dell’ingresso e la voglia di uscire con l’invito di Clara di direzionarmi in salotto, meta obbligatoria rappresentativa principale del male di esteriorità di cui viveva la famiglia. Appena vi entravo ad accogliermi ferma ed immobile vi era la vetrinetta così chiamata per gli specchi di cui era composta piena, tanto che se la guardavi ti mandava in stato confusionale di ammenicoli, statuine, alabastri, e poi ancora e ancora. In fondo nell’angolo la signora Silvia a mezzo sorriso osservava e aspettava un mio cenno di saluto, come al solito pensavo tra me e me, e mi avvicinavo per salutarla e stringerle la mano. Giulio aspirando avidamente la pipa, taceva assorto e immerso nel mezzo delle sue nuvole di fumo. Ahh. Hiii, suoni confusi dalle altre stanze. Ti pareva, mancava proprio lei, Paola, la nipote modello assieme a Marta, fasciata dalle calze nere e dalla minigonna a quadroni. Mi sono sempre chiesto se le avevano mai fatto un regalo dalla Scozia ma credo proprio di sì, quell’orribile minigonna ne accentuava un po’ le forme senza però pensare di voler essere al posto di Filippo. Ciao, ciao, baci bacini formalità di facciata, sorrisi e gridolini di chi vuol nascondere il fastidio di quelle visite. Guardo e osservo Clara, finta bionda sempre tirata a puntino, tacchi a spillo anche in casa, calze nere con la gonna leggermente sopra al ginocchio, seduta sexy ma non troppo, sta parlando con Silvia e capisco al volo qualcosa non va, certo il mio abbigliamento troppo informale per una serata a casa dell’ingegnere. Quante sfilate ho visto, compleanni, Natale, Pasqua, c’era sempre un vestito nuovo, un paio di scarpe nuove, la borsetta di Tizio, la sciarpa di Caio, il maglioncino di Sempronio. Virginia che chiede quale negozio, dove si trova, “ma va' ci sono passata un sacco di volte e non ci ho mai fatto caso”, le due cugine interessate alla conversazione, non si sa mai, sai qualche esame potrebbe essere necessario, una presentazione sobria, un'apparenza distinta, e poi cugina, continua Paola, sai a scuola, ci vuole un po’ di quel che si dice. Marta già laureata ma costretta a continuare gli studi, non c’era possibilità di trovare lavoro, dovevo andare all’estero, non mi andava e così ho continuato però ora insegno. Sì una faticaccia che non vi dico quei ragazzi senza educazione sono difficili da gestire arrivo a casa che non ho più fiato. Sorrido e penso tra me e me quale cazzo di laurea sei andata a cercarti per avere più difficoltà degli altri nel trovare una collocazione nel mondo del lavoro. E poi sei sempre che ti lamenti, identica alla mamma, prossima alla pensione. Non ha mai lavorato, anzi pochi anni, ma si è pagata tutti i contributi anche se a casa a fare la mamma, azz, dico io, prendeva bene tuo marito. E mentre penso seduto in un angolo in poltrona vicino ad una orribile lampada che non so spiegarmi dove abbiano potuto trovarla d’improvviso il cognato ingegnere. Ha una bottiglia in mano, una bottiglia di vino. L'ho presa dalla mia cantina, mi è stata regalata da un mio cliente, ma va'! Ti pareva, solo quella potevi tirar fuori. Cravatta slacciata leggermente staccata dal collo della camicia, pulloverino grigio senza maniche, pantaloni fumo di londra e scarpe, azz è in ciabatte. Clara lo fulmina con lo sguardo lui la guarda e ammicca… ma caro ti sembra il caso, le ciabatte suvvia, un paio di mocassini leggeri, non ti sembra. Lui la guarda e ignora il “consiglio”, stappiamo e fuori i bicchieri salute a tutti. Dobbiamo sederci a tavola la cena è quasi pronta. Giulio ogni tanto tossisce e la moglie lo riprende perché non copre la bocca, è arrivato Filippo, Paola le fa le feste come fosse un cagnolino, guardo mia moglie e scuotiamo tutti e due la testa. Al primo piatto ho già la nausea. No non per il menù ma per le solite cucu, qua, qua, qua, curuccu, cu, cu, cu. Ma è mai possibile pagare così tante tasse! Alberto inizia, non fraintendetemi certamente sono da pagare, non voglio mica dire che… ma come si fa! Con quello che guadagni, penso io, tiri fuori anche le tasse. Le tue consulenze quelle esentasse ingegnere come vanno? Eccolo sempre pronto il “comunista” ma lo sai che… Oh insomma basta, smettetela, si intromette Clara seguita da Virginia, sempre a parlare di politica basta. Chiamala politica e di traverso osservo mia moglie. È in mezzo alle forche caudine delle “cugine” ma sembra che si diverta. Ho sempre invidiato a mia moglie il suo autocontrollo. Ma lo sapete che la signora sopra di noi vende! dice Silvia. Potreste pensarci un po’ sopra, sarebbe un buon investimento, il mattone non tradisce mai. Oh mamma, sai che ci siamo appena imbarcati nell’avventura della nuova casa, ci sono tante spese, i soldi non bastano mai e, appunto, i soldi non bastano mai, ci mancava la sceneggiata di Virginia e suo marito ne hanno tanti di soldi che neanche se ne accorgono. Elena potrebbe essere l’occasione buona, fa Clara rivolta alla sorella, sì l’occasione buona, noi stiamo bene così, vero Claudio? Cenno di assenso e di immenso compiacimento. E cucu, qua, qua, qua, curuccu, cu, cu, cu. Ma quando finisce questa cazzo di cena. Mi cominciano i primi sbadigli e non cerco di nasconderli, mia moglie mi tira, gli occhi, qualche calcetto sulle caviglie. L’ingegnere stappa ancora, è un’altra bottiglia che ti hanno regalato? Oh insomma, dai, trattieniti, mi dice sua moglie. Virginia mi guarda, solo lo sguardo quasi mi uccide e me ne frego. Sono proprio un maleducato o forse non mi piace la compagnia lascio la tavola e ritorno alla poltrona mentre Clara urlante come una scimietta annuncia che si gioca tutti alla tombola. Si batte le mani mentro io crollo definitivamente. Manca solo che Giulio si svegli dal torpore in cui è da inizio serata per cominciare a elargire le sue massime il suo “grano salis”. Dolce, caffè, bicchierino, a proposito vi ricordate il Luciano De Patri, dice Silvia, nooo fanno in coro le sorelle tranne mia moglie, che famiglia! Ma i cazzi vostri non sapete proprio farli vero? L’impulso è forte tanto forte ma mi trattengo. Osservo l’orologio, guardo mia moglie, cenno di assenso. Noi andiamo, è tardi, grazie di tutto. Lascio la famosa porta alle spalle dopo i soliti stucchevoli convenevoli e ritorno a veder le stelle. Ma che faccio, finisco il tutto come Cronin? Camminiamo verso la macchina, fuori è buio, le luci dei lampioni riflettono una leggera nebbiolina mentre si abbassa una persiana. Saliamo e accendo i fari, ingrano la prima e verso casa. Le strade sono vuote solo qualche macchina veloce e un gatto: “Attento lo investi”. “Azz stavo pensando alle ciabatte di Alberto”. “Ma dai lo sai come è la mia sorella dacci un taglio per favore”. “Ma scusami se uno a casa sua vuol stare in ciabatte deve avere il permesso?”. “Ancora lascia perdere non è il caso”. “Ma guarda un po’ invece è proprio il caso, il caso dei mocassini”. “Ohh insomma smettila se non ti va non venirci più a queste serate”. “Ecco bene prendo al volo il tuo consiglio non ci vengo più”.

Incomincio a sbadigliare ma ormai casa è ad un tiro di schioppo. “A proposito domani vado in centro ad acquistare un paio di mocassini da casa. Non si sa mai sai, se viene qualcuno….”. “Mamma che pedante basta dai”. E pure queste serate non sono una novità ma non mi ci sono mai abituato. Non so ma la famiglia mi ha sempre dato un che di. È difficile da descrivere quel che si sente dentro è come, come ti versassero dietro alla schiena qualche cubetto di ghiaccio, provate a immaginarvi la sensazione. Elena ogni tanto mi guarda nonostante l’avanzare degli anni è sempre molto bella. Quasi mi vergogno a dirglielo e allora me ne sto zitto e respiro più profondamente per sentire il suo profumo, gli prendo la mano e la tengo stretta ci guardiamo un attimo e Francesco nostro figlio un attimo ed è come fosse qui con noi. Lui è sempre con noi anche quando non c’è. “Ti ricordi quella volta che così molto spontaneamente disse a tua sorella Clara che gli stavano crescendo la riscrescita dei capelli bianchi”. “Ohh sììì me lo ricordo”. “Lei poi ti disse che avevamo un figlio cafone e maleducato”. “Come lo sai? Non pensavo lo sapessi”. “A volte non sai quante cose io so”. Incominciamo a ridere ricordando la faccia di Clara e ci troviamo davanti la porta di casa. Un giro di chiavi e siamo all’interno. “Andiamocene a letto dai che è tardi”. “Domani devo andare a prendere Francesco è venerdì e torna a casa”. “Ohhh è già venerdi domani, queste settimane volano, gli anni volano”. Il tempo ne abbiamo molto bisogno, tanto tempo tutto per Francesco. Quella brutta sera, quel letto di ospedale, quanti centri riabilitativi. Se volto lo sguardo all’indietro rivedo tutto flebo, iniezioni, carrozzina, stanze d’ospedale, hotel, appartamenti e la famiglia, ohhh la famiglia, buonanotte Elena buon riposo. Un bacio Claudio a domani.

7 commenti:

  1. che bel racconto ed anche il modo di scrivere è originale.
    Anche se non ci sono virgolette, si capisce bene chi parla, chi pensa o cosa sta avvenendo. sembra di essere nella testa di claudio.
    Si percepisce il suo malessere, la sua noia ed il suo disprezzo nei confronti degli altri.

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  2. wow, bello.. mi ricorda qualche cena..

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  3. Veramente bello.
    Estremamente coinvolgente, fino a quella rivelazione finale che finisce di rendere ragione a una coppia vera che riemerge da un mondo artificiale.

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  4. Nonostante l'impatto *in apnea*, molto coinvolgente. I dialoghi ininterrotti ricordano quelle interminabili e sterminabili cene di natale. Il finale è rivelatore, anche se avrei voluto leggerne di più della loro storia. Bello!

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  5. bellissimo! mi è piaciuto tanto! anche a me, che sono ancora piccolina, è capitato di andare a qualche cena del genere con i miei...io e la mia famiglia non amiamo affatto questo tipo di cene! e tornando a casa in macchina i commenti erano la parte più bella della serata...:)
    Il tuo modo di scrivere mi piace molto...un pò un flusso di coscienza...mi hai fatto percepire le sensazioni che hai provato...Complimenti!

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  6. Ringrazio tutti per i commenti. Il racconto fà parte di una serie che sto lentamente scrivendo e che poi, probabilmente raccoglierò in un volume. Ancora grazie e un abbraccio grande

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