Continuiamo con i racconti sui viaggi in treno e con le collaborazioni esterne. È con grande piacere che oggi vi propongo un racconto di ghiaccio-nove.
“Che coincidenza! Mi par di capire che, tutti e quattro, ci stiamo recando nello stesso luogo.” – disse all’improvviso l’omino con i baffi seduto vicino al finestrino, distogliendo lo sguardo dall’apparecchietto con cui si era trastullato fino ad allora.
Gli altri passeggeri lo guardarono, e si guardarono tra di loro, senza aprire bocca.
“Scusate. Mi sono permesso di rivolgervi la parola soltanto perché mi è parso evidente che, esattamente come me, tutti voi siete diretti al Congresso degli Inventori. Dico bene..., colleghi?”
“Beh, sì, anch’io sto andando al Congresso.” – rispose il giovane con gli occhiali che gli sedeva di fronte.
“Anche io, certo.” – fu la replica dell’unica donna nello scompartimento, una sventola prosperosa che doveva aver esagerato nel cospargersi di profumo.
A quel punto, con sei occhi incuriositi fissati sul suo volto, M. ammise: – “È vero, sto andando a presentare una mia invenzione. Ma lei, signore, come fa a saperlo?”
“Bene, ho appena avuto la conferma che Attivix funziona. Mi spiego: questo prototipo – Attivix, appunto – costituisce l’ultima mia realizzazione. È uno strumento che, per mezzo di una minuscola telecamera e di un elaboratore, permette in pochi secondi di scoprire quali sono le attitudini delle persone e per quale tipo di attività sono più portate. Il vostro, ovviamente, è un caso un po’ particolare: non è che Attivix abbia capito con certezza che siete degli inventori, però in ognuno di voi ha percepito un grado elevatissimo di creatività e abilità combinatoria. A quel punto è stato semplice, per me, supporre quale fosse il motivo della vostra presenza sul treno.”
Fece una breve pausa. Poi aggiunse: – “Ora che vi ho esposto la mia, potete dirmi qualcosa delle vostre idee?”
Dopo essersi schiarito la voce, fu il ragazzo a parlare: – “Io ho brevettato gli occhiali che ho sul naso. Che non servono a correggere dei difetti visivi, avendo io ancora un’ottima vista. Servono invece a mutare il paesaggio esterno durante i viaggi in treno. Faccio un esempio: oggi c’è un nebbione che rende la pianura lì fuori ancora più monotona del solito? Allora alla partenza ho selezionato uno degli scenari in memoria e, guardando dal finestrino, posso godermi la visione di un tratto di Costiera Amalfitana. Comodo, no? Pensate soltanto a quei poveri pendolari che transitano avanti e indietro lungo la stessa immutabile tratta...”
“Immagino che sia il mio turno” – cinguettò Miss Femminilità con un pizzico di stizza, forse perché lo sbarbatello brufoloso non le aveva dato la precedenza.
Senza aggiungere altro, con studiata disinvoltura strinse tra indice e pollice lo splendido anello che le brillava sul dito medio opposto. Subito il suo già considerevole seno prese a gonfiarsi, guadagnando in pochi secondi almeno un paio di misure.
“Può bastare?” – chiese sorridendo. E, senza aspettare risposta, mollò il monile. La singolare lievitazione si interruppe.
Dopo essersi sistemato senza motivo l’impeccabile nodo della cravatta, l’omino emise il seguente commento: – “Un’invenzione destinata ad un successo ... debordante!”
La signora si scostò dagli occhi alcune ciocche di capelli platinati che, appena dopo il passaggio della mano, ricaddero esattamente nella posizione originaria. Poi si voltò verso M.
Con espressione divertita, M. spiegò: – “Io ho creato il software che sta girando in questo momento sul mio portatile. È utile quando ci si sente soli e si ha bisogno di compagnia, perché è in grado di generare nello spazio degli ologrammi così sofisticati e realistici da risultare indistinguibili dagli esseri umani in carne ed ossa. Si possono preimpostare le caratteristiche, non solo fisiche, che si preferiscono, e il programma è in grado di fornire una vasta gamma di esemplari.”
Nel frattempo i tre gli si erano accostati per sbirciare nello schermo del portatile, e M. si ritrovò il petto della donna che gli premeva contro il collo. La sensazione era piacevole. Fu proprio la proprietaria di quelle protuberanze a rivolgergli la domanda che, con ogni probabilità, si stavano ponendo anche gli altri: – “Quindi, se vuole, può fabbricarsi una compagna su misura per soddisfare tutti i suoi desideri?”
M. non ebbe il tempo a rispondere, perché udì dei passi e scorse un’ombra dietro le tendine tirate. Capì che stava per entrare qualcuno, forse il controllore. Allora, con rapidità felina, premette il tasto Esc. Un attimo prima che la porta si aprisse e una testa munita di visiera facesse capolino, si produssero tre lievi sibili paragonabili a scariche di elettricità statica.
Il controllore, scrutando M., si lasciò sfuggire: – “Che strano, ero convinto di aver sentito delle voci ...” Poi, esaminando il biglietto: – “Le ricordo che la sua fermata è prossima, signore.”
“Oh, grazie. In effetti mi ero distratto.”
Mentre recuperava la valigia dal portapacchi, M. vide la sua immagine allo specchio, e il lungo capello biondo adagiato sulla spalla. Se ne liberò con un soffio e, prima che planasse sul pavimento, egli aveva già superato la porta.
Nel corridoio un uomo in divisa, stanco ma anche sollevato per essere ormai a fine turno, si chiedeva per quale motivo il tizio che gli passava accanto emanasse un profumo così esageratamente femminile.
“Che coincidenza! Mi par di capire che, tutti e quattro, ci stiamo recando nello stesso luogo.” – disse all’improvviso l’omino con i baffi seduto vicino al finestrino, distogliendo lo sguardo dall’apparecchietto con cui si era trastullato fino ad allora.
Gli altri passeggeri lo guardarono, e si guardarono tra di loro, senza aprire bocca.
“Scusate. Mi sono permesso di rivolgervi la parola soltanto perché mi è parso evidente che, esattamente come me, tutti voi siete diretti al Congresso degli Inventori. Dico bene..., colleghi?”
“Beh, sì, anch’io sto andando al Congresso.” – rispose il giovane con gli occhiali che gli sedeva di fronte.
“Anche io, certo.” – fu la replica dell’unica donna nello scompartimento, una sventola prosperosa che doveva aver esagerato nel cospargersi di profumo.
A quel punto, con sei occhi incuriositi fissati sul suo volto, M. ammise: – “È vero, sto andando a presentare una mia invenzione. Ma lei, signore, come fa a saperlo?”
“Bene, ho appena avuto la conferma che Attivix funziona. Mi spiego: questo prototipo – Attivix, appunto – costituisce l’ultima mia realizzazione. È uno strumento che, per mezzo di una minuscola telecamera e di un elaboratore, permette in pochi secondi di scoprire quali sono le attitudini delle persone e per quale tipo di attività sono più portate. Il vostro, ovviamente, è un caso un po’ particolare: non è che Attivix abbia capito con certezza che siete degli inventori, però in ognuno di voi ha percepito un grado elevatissimo di creatività e abilità combinatoria. A quel punto è stato semplice, per me, supporre quale fosse il motivo della vostra presenza sul treno.”
Fece una breve pausa. Poi aggiunse: – “Ora che vi ho esposto la mia, potete dirmi qualcosa delle vostre idee?”
Dopo essersi schiarito la voce, fu il ragazzo a parlare: – “Io ho brevettato gli occhiali che ho sul naso. Che non servono a correggere dei difetti visivi, avendo io ancora un’ottima vista. Servono invece a mutare il paesaggio esterno durante i viaggi in treno. Faccio un esempio: oggi c’è un nebbione che rende la pianura lì fuori ancora più monotona del solito? Allora alla partenza ho selezionato uno degli scenari in memoria e, guardando dal finestrino, posso godermi la visione di un tratto di Costiera Amalfitana. Comodo, no? Pensate soltanto a quei poveri pendolari che transitano avanti e indietro lungo la stessa immutabile tratta...”
“Immagino che sia il mio turno” – cinguettò Miss Femminilità con un pizzico di stizza, forse perché lo sbarbatello brufoloso non le aveva dato la precedenza.
Senza aggiungere altro, con studiata disinvoltura strinse tra indice e pollice lo splendido anello che le brillava sul dito medio opposto. Subito il suo già considerevole seno prese a gonfiarsi, guadagnando in pochi secondi almeno un paio di misure.
“Può bastare?” – chiese sorridendo. E, senza aspettare risposta, mollò il monile. La singolare lievitazione si interruppe.
Dopo essersi sistemato senza motivo l’impeccabile nodo della cravatta, l’omino emise il seguente commento: – “Un’invenzione destinata ad un successo ... debordante!”
La signora si scostò dagli occhi alcune ciocche di capelli platinati che, appena dopo il passaggio della mano, ricaddero esattamente nella posizione originaria. Poi si voltò verso M.
Con espressione divertita, M. spiegò: – “Io ho creato il software che sta girando in questo momento sul mio portatile. È utile quando ci si sente soli e si ha bisogno di compagnia, perché è in grado di generare nello spazio degli ologrammi così sofisticati e realistici da risultare indistinguibili dagli esseri umani in carne ed ossa. Si possono preimpostare le caratteristiche, non solo fisiche, che si preferiscono, e il programma è in grado di fornire una vasta gamma di esemplari.”
Nel frattempo i tre gli si erano accostati per sbirciare nello schermo del portatile, e M. si ritrovò il petto della donna che gli premeva contro il collo. La sensazione era piacevole. Fu proprio la proprietaria di quelle protuberanze a rivolgergli la domanda che, con ogni probabilità, si stavano ponendo anche gli altri: – “Quindi, se vuole, può fabbricarsi una compagna su misura per soddisfare tutti i suoi desideri?”
M. non ebbe il tempo a rispondere, perché udì dei passi e scorse un’ombra dietro le tendine tirate. Capì che stava per entrare qualcuno, forse il controllore. Allora, con rapidità felina, premette il tasto Esc. Un attimo prima che la porta si aprisse e una testa munita di visiera facesse capolino, si produssero tre lievi sibili paragonabili a scariche di elettricità statica.
Il controllore, scrutando M., si lasciò sfuggire: – “Che strano, ero convinto di aver sentito delle voci ...” Poi, esaminando il biglietto: – “Le ricordo che la sua fermata è prossima, signore.”
“Oh, grazie. In effetti mi ero distratto.”
Mentre recuperava la valigia dal portapacchi, M. vide la sua immagine allo specchio, e il lungo capello biondo adagiato sulla spalla. Se ne liberò con un soffio e, prima che planasse sul pavimento, egli aveva già superato la porta.
Nel corridoio un uomo in divisa, stanco ma anche sollevato per essere ormai a fine turno, si chiedeva per quale motivo il tizio che gli passava accanto emanasse un profumo così esageratamente femminile.
grazie Silas, piacere mio
RispondiEliminaUh, pensavo che anche il controllore fosse un sofisticato ologramma! Non prima di aver immaginato che M. avesse preso un biglietto per quattro passeggeri! :)
RispondiEliminaè una variante che non avevo contemplato... sì sì, ci poteva stare :)
RispondiEliminache magnifici compagni di viaggio ! A me capitano solo rappresentanti di mattonelle o informatori medicinali ...
RispondiEliminaFortissimo!!!! Ghiaccio-nove, compliments! Tanto di cappello alla fantasia :-)
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