martedì 12 ottobre 2010

L'uomo che accendeva i lampioni

La carrozza scivolò su boulevard Saint-Michel quasi senza fare rumore. Poco prima d'incrociare rue Danton ed entrare nella piazza, dove la strada s'allarga e si fa quasi ponte, i cavalli nitrirono e s'arrestarono. Con non poca fatica scese un omino buffo, tutto agghindato in un'uniforme troppo corta, eppure troppo severa per i tempi: era, quell'uomo, quasi sospetto, ma per via della scarsa prestanza fisica e della limitata altezza non poteva sembrare pericoloso a un uomo in salute. Lo guardai accostarsi quasi furtivo a un angolo, portare un bastone al lampione e compiere la sua magia: in un istante mille lucciole si radunarono, mille trote d'argento baluginarono nella Senna e la puntellarono, insomma in un istante la notte fu vinta dal giorno.
Parigi era bella, Dio com'era bella: le chimere alate che affiancavano la fontana sembrarono cominciare solo allora a sputare acqua, Prudenza, Forza, Temperanza e Giustizia s'inorgoglirono e San Michele, quasi scoperto, schiacciò il diavolo con ogni sua forza, mentre poco lontano il fiume si muoveva con calma, come chi sa che sopravvivrà ad ogni mutamento degli uomini. La carrozza, che da principio avevo ignorato, era a tutti gli effetti una vettura di lusso: rivestimenti di panno adornavano lo sportello lasciato aperto dal passeggero, e all'interno comodi sedili erano pronti ad ospitarlo. Non gli diedi il tempo.
“Salve, buon uomo”, gli dissi, e quello fu colto da sorpresa: non s'era accorto d'essere spiato, non sapeva di condividere quella scena con un altro spettatore. Era, a tutti gli effetti, un omino buffo come m'era sembrato all'inizio: avvicinandomi notai uno sguardo spento, incorniciato da un paio di baffi tozzi, quasi posticci, decisamente d'antan. Come il suo lavoro: “M'ero sempre chiesto chi accendesse i lampioni – proseguii – ma non pensavo che un uomo girasse per tutta Parigi per darci la luce”. Sorrisi: “Credevo, in tutta sincerità, che questo lavoro si fosse estinto, che qualcuno potesse, con chissà quale diavoleria, accendere con un solo gesto della mano tutti i lampioni della città, da Vincennes al Bois de Boulogne”.
L'omino mi squadrò. Si fermò a riflettere, e quando parlò la sua voce mi stupì per intensità e colore: “Non sono solo, mi sembra chiaro – esordì quasi per farsi forza – né mai sarò antiquato. Parigi, mio signore, conta oltre...”. Si fermò. Inventò un numero: “Oltre novemila lampioni”. I baffi si mossero, soddisfatti: gli doveva essere sembrato un numero congruo per una città così grande. “Io – aggiunse – ne gestisco solo qualche decina, tutti concentrati lungo il boulevard Saint-Michel e nelle traverse, né mai un sol uomo potrebbe accenderli tutti”. Mi mostrò l'arnese che reggeva nella mano destra: “Vedete quest'asta? – proseguì – Il gas viene liberato con una semplice pressione, ma poi serve quest'innesco per scatenare la scintilla che gli dà fuoco. Solo così può arrivare la luce”. Detto ciò, l'omino sembrò colto da un sussulto imprevisto, e smessa la cordialità si fece conquistare da un guizzo a metà fra il sussiego e la volgarità: “Eppure, sebbene mi siano stati affidati così pochi lampioni, è sempre mia cura non farmi notare, e sono affranto d'essermi fatto scoprire da voi. Io – disse – sono la luce, io sono colui che vince il tempo e rende Parigi vivibile dopo il tramonto. Io, dunque, non devo esser visto: come accade per colui che manovra il Carro del Sole, non è degli umani la mia sostanza, ma del Cielo”. Si animò: “Se io domani non uscissi di casa cosa ne sarebbe di questo quartiere? Cosa sarebbe delle botteghe d'artista, dei caffé e dei musicisti? Cosa sarebbe degli innamorati che si tengono per mano lungo la Senna, cosa dei ladri e delle puttane? Non sarebbe possibile vederli: come me, nelle tenebre, non esisterebbero”.
L'uomo andò via in silenzio, senza salutare, e in pochi secondi la carrozza sembrò essere inghiottita da quai Saint-Michel. La Senna, lenta, lo seguì per un pezzo.

Alla mia nuova lettrice silenziosa, che probabilmente vorrebbe che le dedicassi un racconto perché non sa che ogni storia che scrivo è dedicata a lei.

6 commenti:

  1. Romanticissimo :-) Quasi più di me!

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  2. Spero sia una Wirphool! :D Si scriverà così???

    Racconto super mieloso.

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  3. No, non è una lavatrice. E suvvia, non è così mieloso. Il racconto, ovviamente.

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  4. Infatti io non mi riferivo al racconto :-))))

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  5. Una dedica d'amour non poteva che essere ambientata a Paris! Anche se beh il tizio dei lampioni mi è risultato estremamente antipatico! Non come il Signore del Racconto! ;)

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  6. In effetti l'omino è particolarmente antipatico. Ma è fisiologico: a descriverlo è il protagonista, che è comprensibilmente rimasto deluso per essere stato trattato così.

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