martedì 28 settembre 2010

Il traguardo

Il terzo scatto mi spezzò le gambe. Lo guardai correre avanti, bello contro il sole, d'un giallo che certamente era il colore degli eroi. L'altro lo seguiva, arrancava e spingeva, ma Gallego aveva proprio un'altra classe: i suoi polpacci si gonfiavano e si sgonfiavano come una rana nello stagno, le spalle dritte non lasciavano intendere il minimo cedimento, la più piccola difficoltà. Non una goccia di sudore gli segnava la fronte, non un momento di distrazione sembrava turbarlo: era lui, El Hurón,  l'uomo da battere come sempre, veloce come una scheggia a cronometro e agile come un capriolo appena la strada accennava a salire.
Io, invece, avevo finito il mio lavoro. Docile, m'ero portato in testa a Oulx e da lì avevo assecondato le curve del Sestriere fino al cartello dei tre chilometri. Diciottomila metri di sofferenza, e adesso? Adesso tutta la gloria per lui, già vedevo i giornali: la lotta eterna con Collado, gli eroi della montagna, il Tour in tre chilometri, la pietà di Gallego e il suo “grazie” alla squadra. La squadra: un'indistinta massa di pedali e muscoli, solo un po' di sudore sulla strada, le briciole dei premi e neanche un cristo a intervistarci. Non dico un Giannimura: un qualsiasi Morino. Niente.
La salita scivolava via e diventava strappo, calvario, ascesi e rovina. Sudavo la conquista di cento metri, invocavo l'acqua che non arrivava mai, persino l'ammiraglia s'era dimenticata di me. Il cuore era impazzito. Gonfio. Turbinoso. Irrefrenabile. Sulla destra della strada apparvero i tifosi: incitazioni, fastidiose pacche, certo, ma nessuno sapeva chi fossi, nel volto dei bambini non c'era scritto “da grande voglio essere te”. Nessuno sogna il sudore: si sogna la gloria. La festa, le donne, i soldi. Gli sponsor.
Pensai al contratto. Ogni anno ne strappavo uno coi denti: l'anno scorso la Coimo, quest'anno la Castelli, domani chissà. E poi, quali soldi? Anche Gallego non guadagna così tanto, nessuno ha voglia di rischiare con il ciclismo, con quest'immagine sporca di doping e terra. Gli sponsor preferiscono il sogno futurista della Formula 1, la lucente perfezione dei centometristi, la gladiatoria esuberanza dei calciatori.
E se fossi stato io Gallego? Provavo ogni giorno davanti allo specchio: “È un onore vestire questa maglia, un onore essere qui sulla cima più alta, un onore la lotta con Collado”. Bacio alla miss, autografo. Intervista. “Il momento più difficile è stato a Oulx. Per fortuna c'era la squadra”. Avrei detto anch'io così: la squadra. Se ci fossi arrivato, certo, l'avrei difesa coi denti quella briciola di superiorità. “La squadra”. Nessuno in particolare.
Arrivai al Sestriere, insomma. Una breve discesa mi si apriva davanti: minima eppure enorme, infinita, coinvolgente. Bagnata. Scivolai verso il traguardo, verso la salvezza. Assorbito dal gruppo, in mezzo a tutti gli altri. Uno qualunque. La squadra.

La vidi in quell'istante. Bellissima. Sorrideva. Sorrideva a me. Mi mancò il fiato.
- Ti cerco da sempre. Dietro le curve di ogni discesa c'eri tu, in ogni salita mi apparivi.
- Mi hai trovata. Mi seguirai?
Non ebbi il tempo di rispondere. Infarto al traguardo: che modo singolare di incontrare la Morte.

11 commenti:

  1. La squadra. E' un insieme di cuori, umori, sudori, traguardi.
    Anche se, da profana, il ciclismo non lo concepisco come sport a squadre (capisco lo sia, neh).
    La Morte, beh, lei è il Traguardo. (ma sarà poi così bella?)

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  2. No, certo, in astratto no. Ma ho sempre trovato improbabili le rappresentazioni della Morte come una donna orribile e falcemunita: se è così brutta, perché non si può fare a meno di seguirla?

    Me la immagino così. Bellissima; eppure orribile.

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  3. (E poi, pensaci: così, solo così, il nostro protagonista ha potuto battere Gallego. I titoli dei giornali, adesso, saranno per lui).

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  4. Senti... Una domanda così, senza pretese e senza fretta... Ma prima o poi un racconto con un lieto fine che sia lieto per davvero e non per faceto, me lo scriverai?!?!?!?

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  5. @Usagi: grazie.
    @Vaniglia: dobbiamo metterci d'accordo sul concetto di lieto fine. Questo, lo ammetto, finiva male, ma m'è sfuggito di mano (all'inizio doveva succedere un'altra cosa, che non ti rivelerò), ma è il primo con un finale decisamente negativo: gli altri finivano X.

    E poi il lieto fine è noioso. Non è vero che i buoni vincono sempre.

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  6. (Rido, i titoli dei giornali saranno suoi! Non ci avevo pensato)

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  7. Silas... Assolutamente d'accordo... I miei racconti solitamente lasciano sempre un po' di amaro in bocca ma anche no, dipende dalle papille di ciascuno di noi... Il mero lieto fine stile "Cenerentola" di sicuro non ci appartiene, ma esistono lieti fine che... ... ... Bè...Sono certa tu sappia... E prometto di postare un racconto stanotte nel quale tenterò di regalarti un lieto fine a modo mio.

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  8. Questo è il mio preferito. Per ora.

    [ Scusa, secondo me dovresti regolare l'orario dei post. Vai in Impostazioni -> Formattazione -> Fuso orario.
    Se risiedi all'estero, come non detto! :) ]

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  9. @Charlie: mi sa che ho lasciato un po' troppo sfumato il senso ultimo del racconto ^^
    @Vaniglia: ok, aspetterò segnali.
    @g9: wow, grazie. (Sul fuso orario: lo so, dovrei regolarlo. Ma mi piace quest'idea del parto notturno)

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  10. Sigh... Non ho mantenuto la promessa, mi sono addormentata!!!!!

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