lunedì 20 settembre 2010

La Perrita

La strada che scorreva lungo il fiume era polverosa. Era densa di ricordi, per me: mi evocava, a un solo sguardo, la camiciola bianca di Lucía, la pesca della domenica con Miguel, le gite a Concepción per comprare churritos e mangime per polli. E poi, certo, le tette della Perrita, le erezioni giovanili, lo sguardo lieve che mi si posava addosso e mi chiedeva: “Jugamos?”. Erano, quegli amplessi di polvere e sudore, il prezzo da pagare per le settimane noiose al salone da barba: 20 mila pesos ley per dieci minuti di entusiasmo dove la strada si biforca e incontra i ciuffi di jarava, per qualche grammo di terra nei capelli, per un filo di lacrime sul viso della mia compagna dopo l'orgasmo.
Arrivai a casa di Juan che era già sera. Dona Asunción mi accolse sulla porta: indossava un vestito di stracci bianchi, i capelli grigi raccolti sulla nuca le incorniciavano il viso. Era bella, dona Asunción, ma sfiancata dal dolore: suo figlio, il mio più grande amico, sul letto grondava sudore e smaniava, imprecava Dio e il suo nemico, non reagiva alle cure. Dona Asunción pose la teiera sul fuoco, poi, quando n'ebbe ricavato qualcosa di caldo, vi sciolse le medicine che avevo portato dalla città. Appoggiò uno straccio caldo sulla fronte di Juan, lo guardò negli occhi, ne invocò una resurrezione impossibile.
Al tempo della Perrita io e Juan ci incontravamo ogni mattina. Condivideva con me un caffé lercio prima di andare a lavorare, mi dava consigli, nelle mie mattine di svaghi mi aiutava a soffiar via la terra dalla nuca. Sapeva più di me che gioia provassi, ma non c'era stata una volta, una sola volta, che avesse voluto farmi compagnia. Era, la sua famiglia, molto più povera della mia, molto più di me aveva bisogno di conservare ogni singolo peso per il futuro.
E adesso? Adesso che il futuro era arrivato, i risparmi di una vita non servivano più. Non servivano per comprare medicine, visto che medicine che potessero curare il suo male non se ne conoscevano, non servivano per permettersi lussi che dona Asunción non avrebbe voluto, non servivano neanche per il cibo, quel cibo che Juan rifiutava da giorni. Gli lanciai uno sguardo: il mio amico apriva e chiudeva la bocca, come se volesse risolversi a dirmi qualcosa. Infine si decise: cacciò un grido come mai n'ebbi a sentire più, s'alzò a tre quarti, quindi, spossato, giacque. Dona Asunción non ebbe bisogno di spiegazioni. Un pianto lieve le accarezzò il viso.
Erano diverse, quelle lacrime. Non le guardai: non potevo, non volevo vedere la Perrita invecchiata.

Nessun commento:

Posta un commento