But Mousie, thou art no thy lane,
In proving foresight may be vain:
The best-laid schemes o' mice an' men
Gang aft agley,
An' lea'e us nought but grief an' pain,
For promis'd joy!
In proving foresight may be vain:
The best-laid schemes o' mice an' men
Gang aft agley,
An' lea'e us nought but grief an' pain,
For promis'd joy!
Robert Burns
Di quelli che stanno oltre le sbarre, onestamente, m'importa poco. Se pensate che io debba soffrire, sentirmi un reietto per il solo fatto d’essere qui, da questo lato del mondo che percepite come minimo, insignificante, poco desiderabile, beh, allora avete sbagliato strada. Mi sottovalutate, ecco tutto: semplicemente vivo, abito il mio mondo che di abitudini è fatto, di lotte e di vittorie, di rinunce e di ritirate. È come il vostro, per quel che ne so: come voi mi arrabatto, faccio sesso e mangio, scopro, capisco e invento, come voi dormo quando posso, ho paura e scappo, mi sorprendo e m’innamoro. No, se la domanda è questa, la risposta è netta: non si soffre ad essere un topo.
È per l’immagine che avete costruito di me che mi siete ostili. È per l’idea che io sia un essere orribile, un untore indegno, un infido incursore che siete stati costretti a inventare miei simili con fattezze umane, bonari investigatori, improvvisati cuochi, socievoli compagni d’avventure pronti a farsi tramutare in cavalli per i vostri capricci. Io no, io non v’immagino diversi: io non ho paura di voi, non ho bisogno di esorcizzarvi. Vi ho osservati per anni, mentre mi sorvolavate protetti dalle grate di un tombino, oppure quando a distanza schifata mi guardavate rovistare nella vostra immondizia, nei vostri scarti. L’ho vista, Anna, l’ho vista perdere la levità che ai vostri occhi la rende sublime per saltare su una sedia e urlare il mio nome, ho visto scope essere cavate dai ripostigli per inseguirmi, ho visto praterie di colla odorosa ospitare il formaggio nella speranza d’ingannarmi, trappole ben congegnate per attirarmi lontano dai vostri occhi. Oppure, altre volte, sono stato io a sorvolare voi: ho corso nei vostri controsoffitti, lungo le grondaie dei vostri palazzi, sui tetti insidiosi d’agguati felini. Vi controllo. Vi sorveglio. Vi comprendo.
Solo una cosa non capisco: la vostra paura. Ho imparato a temere i gatti perché so che sono giocosi, pronti a ghermire ogni cosa che si muova, ho scoperto come i cani debbano essere evitati perché l’istinto cacciatore dei loro antenati li spinge a uccidermi, ho capito che i serpenti mi inseguono perché hanno fame, ma voi no, voi non avete un motivo per avere paura di me. Siete enormi, sempre armati, vi ritenete una specie superiore, eppure vi credete minacciati di fronte a me, minuscolo, debole, inerme. Ecco, inerme: una volta sarete pure stati come me, anche voi avrete trovato una bestia più forte di voi, più feroce, più intelligente. Anche voi avrete provato la paura di chi è attaccato senza motivo. O forse no: forse non vi è mai capitato. Forse siete voi gli unici animali gratuitamente crudeli. Irrazionalmente tremebondi. Incautamente aggressivi.
L’ho sperimentato sulla mia pelle. Ogni volta, ogni volta che ho cercato di ottenere la vostra fiducia sono stato cacciato prima che potessi dimostrarvi di meritarla. Prima che vi facessi capire che sì, qualcuno di noi è malato ma non tutti lo siamo, che come voi abbiamo bisogno di uno spazio, e soprattutto che non abbiamo motivo di mordere se non per difenderci. Non è colpa nostra, dunque: la mia specie ha cercato nel tempo di porgervi la mano, di rendervi un servizio. Ma voi no, voi non cedete: preferite arroccarvi nelle vostre fortezze. Nelle vostre certezze. Nei vostri insensati pregiudizi.
Oggi, ad esempio. Vivere in una cantina può sembrare soddisfacente per qualche giorno, forse un mese, ma alla lunga può diventare noioso. Ho deciso di essere come voi, per una volta: signorile, al caldo delle vostre case, su quei prati morbidi che chiamate tappeti. In fondo, mi sono detto, se hanno accettato un gatto, adesso che quello è morto perché non dovrebbero accettare me? Sono salito su per le scale, le scale fredde e umide che portano alla villa, ho spinto la porta con la testa e sono arrivato da voi. Che bello, da voi: alle pareti orologi ticchettanti e quadri colorati, ninnoli provenienti da chissà dove e larghe foto, su un tavolo le briciole di uno spuntino, sulla libreria, lontano dal camino, quintali di carta profumata e saporita. Mi basterebbe un centesimo di quel che sprecate: mi accontenterei, e sarei felice.
E poi, certo, c’eravate voi. Naturali, non schierati, secondo uno schema che conoscete a memoria: lo schema della quotidianità, la merce che in fondo sono venuto a chiedervi. Giulio, circondato dal fumo nauseabondo che emana quella pipa, sorvegliava il camino, mentre Milena leggeva serena una rivista o un libro, non ricordo bene. Anna no: Anna guardava la porta. Anna che sa strillare mi ha visto per prima.
Sùbito è arrivata la scopa. Una scopa da strega, di quelle impagliate da fiaba: di certo non una scopa che usate di solito, piuttosto qualcosa che avete soltanto strappato all’arredamento. Poi, le spalle al muro, è arrivata l’acqua, spruzzata da un tubo, è arrivata la fuga. In strada, al freddo. Lontano da voi, dal vostro mondo sicuro.
Ora sto qui, oltre la grata. Vi osservo, e mento a me stesso. Dico che di quelli che stanno oltre le sbarre mi frega poco, ma non ci credo. Mi interessa, certo che mi interessa: vorrei il vostro calore, la vostra certezza di avere un luogo nel mondo.
Un giorno la ruota girerà. Un giorno una bestia più grande di voi vi inseguirà con una scopa enorme: voi sarete i topi e l’animale sarà Giulio, sarà Milena, sarà Anna. Quel giorno, forse, penserete a me. Più probabilmente, però, ve ne sarete dimenticati.
Sarà il vostro errore. Solo io posso insegnarvi a sfuggirvi.
Io e i topi andiamo d'accordissimo, solo che ero io ad andare da loro, non loro a venire da me. Ce n'era uno piccolo, quasi bianco, con la coda ricurva che avevo chiamato Smyle, perchè secondo me quando mi vedeva sorrideva (potete smentirmi?!?)... Iniziai ad andarlo a trovare, in silenzio, seduta per terra in cantina dopo una settimana che mio padre si arrabbiava perchè trovava la gabbietta per catturare i topi vuota e senza più il formaggio dentro...
RispondiEliminaVolevo capire come facessero a mangiarsi il formaggio senza rimanere chiusi in quella trappola... Bè, lo capii e da allora pensai che sì, era sicuramente un sorriso quello...
mamma mia per un attimo ho provato un sentimento di ...pietà per questo essere..ma è stato un attimo. Poi ho rabbrividito come sempre se penso ad un topo. però per un attimo...questo racconto ci è riuscito.
RispondiEliminaE' semplicemente geniale! Bellissimo.
RispondiEliminaNo, Vaniglia, non possiamo smentirti. E sta' tranquilla: le pillole te le diamo solo perché ti fanno bene (bentornata).
RispondiEliminaMgg64: non era pietà il sentimento che si voleva suscitare.
(Uh, Hydra, scusami: abbiamo scritto contemporaneamente. Grazie ^^)
RispondiEliminaBeh, in fondo, nella nostra società ci sono già uomini che sono topi piccoli e altri più grandi che li inseguono e li scacciano con la scopa.
RispondiEliminaNo, non impariamo mai niente.
Però il topo da compagnia io non lo voglio.. ;)
E come se gli altri fossero topi, ci arrocchiamo sulle nostre fortezze, nelle nostre certezze, nei nostri pregiudizi. Ricevendo in cambio identica moneta.
RispondiEliminaIl topo non è il mio tipo, ma devo riconoscere che qui Silas sei davvero al top!
RispondiEliminaCi penso, ffss, e ti faccio sapere.
RispondiEliminaPaté: anche questo?
Identica, web, sempre quella.
Oh, e G9: beh, anch'io preferisco il topless.
Si, ma poi dovrei farmi quell'acconciatura.. ;)
RispondiEliminaSempre rispettati.
RispondiEliminaDetesto ragni e serpenti, ma il topolino grigio con musetto impaurito mi è sempre stato simpatico.
a me i topi fanno schifo...
RispondiEliminaIl racconto è bello. Fa riflettere. A me piacciono molto i topi. Bah..... dirà più di una persona. Si, mi piacciono i topi, quelli ben vestiti, tutti colorati, quelli delle belle e simpatiche storie dei cartoni animati. Però, ognuno nella sua tana.
RispondiEliminaNo, caro anonimo: nella tana c'è freddo, spesso.
RispondiElimina(A me no, Usagi, ma capisco).
@Eva: perché, poveri serpenti?
(Luce: secondo me staresti bene).
Molto bello il racconto...
RispondiEliminaIo personalmente non ho problemi con i topi... Certo se mi si presenta una pantegana da 10Kg, magari non sono proprio felice... :)
Il mio Mr Jeangles firmerebbe con il suo sangue sotto queste righe. Ogni volta che lo osservo penso: "Come vorrei scoprire il mondo attraverso gli incisivi..."
RispondiEliminaWow, Mara: avrai mica doti taumaturgiche? Ora come ora mi servirebbe proprio un Eduard Delacroix. Raffreddore fastidiosissimo.
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